Il cambiamento climatico? Una trama dei marxisti che vogliono abbattere il capitalismo e favorire lo sviluppo e la crescita della Cina. A parlare non è un cospirazionista ma il nuovo ministro degli Esteri brasiliano, Ernesto Araujo, appena nominato del neo eletto presidente del Brasile Jair Bolsonaro.
In un post sul suo blog, il 51enne a capo della diplomazia brasiliana ha dichiarato che il suo obiettivo è “aiutare il Brasile e il mondo a liberarsi dell’ideologia globalista”.
Per il nuovo protagonista della politica brasiliana, il cambiamento climatico è solo “un dogma” per giustificare la crescente regolamentazione del governo, “soffocare la crescita nei paesi capitalisti democratici e promuovere lo sviluppo della Cina”.
Una posizione, quella di Araujo, che sembra ricordare le idee del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che, durante le presidenziali, aveva definito il climate change “una trama dei cinesi”. Inoltre, Araujo si è scagliato contro la “criminalizzazione” della carne rossa e del petrolio.
Che il nuovo governo non avrebbe speso tempo per aumentare le iniziative in difesa dell’ambiente, era apparso evidente già durante la campagna elettorale.
A poche ore dalla sua elezione, il Fondo mondiale per l’ambiente aveva lanciato un appello a Bolsonaro – additato dagli ambientalisti come una minaccia per l’Amazzonia, polmone verde del pianeta, e per le sue popolazioni indigene – esortandolo a “fare della protezione dell’ambiente la sua azione prioritaria se vuole rilanciare l’economia”.
Un comunicato a firma del coordinatore del Wwf in Brasile, Andrè Nahur, aveva ricordato a Bolsonaro che “la purificazione dell’aria, delle acque e dei cicli di piogge consentono a importanti settori del nostro Paese, come agrobusiness ed energia, di continuare a produrre e di contribuire al Pil brasiliano”.
A sorpresa Bolsonaro aveva annunciato che il Brasile non sarebbe uscito dall’accordo sul clima di Parigi, ma a patto che il paese mantenga la sovranità per la realizzazione del ‘triplo A’, il corridoio ambientale dalle Ande fino all’Oceano atlantico attraverso l’Amazzonia.
Nel suo ultimo rapporto il Wwf ha confermato che negli ultimi 50 anni è scomparso il 20 per cento del polmone verde amazzonico, ma dal programma di Bolsonaro sono assenti i termini “deforestazione”, “riscaldamento globale” e “Amazzonia”.
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