Bolsonaro Brasile fascismo commento De Masi | “Da quando il leader della sinistra Luiz Inácio Lula da Silva è in prigione, il Brasile è in pieno fascismo. Mai visto il paese in una situazione così grave”.
A parlare a TPI è Domenico De Masi, il sociologo italiano sempre provocatorio sul tema del lavoro e della tecnologia (sui quali ha anche consigliato il Movimento Cinque Stelle), profondo conoscitore del Brasile. Non solo De Masi è un cittadino onorario a Rio de Janeiro, ma frequenta assiduamente e ha un rapporto strettissimo con il paese, avendo contatti con ex presidenti e intellettuali.
Proprio a fine aprile ha potuto visitare l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, in prigione dal 2018 con l’accusa di reati finanziari, che “dalla cella combatte per un Brasile diverso da quello autoritario che sta diventando”, ha spiegato il sociologo.
L’ho trovato meglio di come temessi, perché per una persona attiva fin da giovanissimo in politica e poi da presidente della Repubblica per otto anni, trovarsi all’improvviso così rinchiuso e isolato in una stanza di pochi metri quadri, sempre da solo, è davvero dura. Può ricevere solo il lunedì il cappellano militare e ha un’ora a disposizione per ricevere uno o due ospiti il giovedì. Quindi è stato un grande privilegio poterlo incontrare per me e mia moglie, che siamo suoi amici dal 2002.
Purtroppo no, la sinistra non ha leader come Lula. I sondaggi prima delle ultime elezioni dicevano chiaramente che se Lula si fosse presentato, avrebbe stravinto. Quindi la sua incarcerazione è stata una grave perdita per la sinistra in Brasile.
Jair Bolsonaro ha vinto grazie alle schede bianche, se ci si pensa: Bolsonaro ha avuto 47 milioni di voti, il candidato di sinistra Ferdinando Haddad 21 milioni di voti e 27 milioni di persone o non hanno votato o hanno lasciato scheda bianca, e sono sopratutto persone di sinistra.
Io ho la cittadinanza onoraria a Rio de Janeiro, conosco il Brasile e lo sento molto vicino a me e, devo dire la verità, non l’ho mai visto in questo stato.
Fuori dal carcere il Brasile è scisso in due: quelli che amano profondamente Lula e il Pt (Il partito dei lavoratori ndr) e quelli che odiano profondamente Lula e il Pt. Con quelli che odiano è difficile discutere, considerano Lula “peggio di Hitler”. Forse hanno perso il senso delle proporzioni.
Lula stando in carcere sta percependo che sta diventando una figura mitica e in qualche modo lui dal carcere ricava una dimensione storica. Credo che sotto questo aspetto il carcere gli dà una dimensione che prima non aveva, non dico di martire ma quasi. E lui ne è consapevole.
Lula ha già fatto un anno e gliene mancano sette. Dopo due anni potrebbe andare ai domiciliari con un braccialetto elettronico, ma non accetterà mai. Usare il braccialetto elettronico infatti implicherebbe ammettere che è un ladro e lui rifiuta assolutamente questa accusa.
Dice che è stato un golpe fatto dalla magistratura in accordo con chi è ora al governo e con la connivenza con gli Stati Uniti. L’accusa riguarda un appartamento in periferia, non intestato a lui, dove non ha mai abitato: assurdo! Casualmente è stato imprigionato proprio prima delle elezioni politiche.
Non resta quasi nulla: Bolsonaro sta dismettendo tutto questo sistematicamente. Ma sta andando oltre: non solo ha detto che toglierà Bolsa Familia eccetera, ha già ridotto i sussidi governativi alle università, ha tolto l’insegnamento della sociologia e della filosofia (qui i dettagli su come Bolsonaro vuole riformare la scuola).
Ha detto nei confronti delle donne che è contrario a qualsiasi parità. Ha detto di essere contrario a tutto il mondo gay.
E poi ha fatto una cosa criminale: ha rimandato i medici cubani a Cuba, che erano quei medici che si occupavano delle minoranze etniche. Quindi ha lasciato le minoranze completamente sprovviste di ogni presidio sanitario.
Ad una ad una, Bolsonaro sta facendo cadere tutte le politiche sociali che erano state attuate da Lula. E non è solo lui: i suoi ministri sono dei criminali e oscurantisti. E i figli, che sono peggio di lui. Il Brasile è malmesso da questo punto di visto e tanti se ne stanno accorgendo solo ora.
Moltissimo, Bolsonaro ha 7 milioni di follower su Facebook e 3,5 su Linkedin, oltre ad avere alle spalle la guida e la protezione di Bennon. Lula mi ha ricordato che qualche mese fa è morto un suo nipotino e il figlio di Bolsonaro ha esultato twittando che si trattava di una giusta punizione divina.
Tutto va in diretta social: anche quando sua moglie, morta di cancro, andò a farsi la prima tac, il referto apparve su Facebook prima di essere comunicato a lei e a lui.
Come mai la destra in tutto il mondo sa usare in modo estremamente efficiente i social network e la sinistra no? E la risposta che ci siamo dati con Lula è stata che la destra li usa di più perché gioca sulle fake news, mentre la sinistra per una sua coerenza ai valori tradizionali non può usare i social con disonestà.
Bolsonaro e Salvini sono abilissimi a parlare al popolo di Facebook. Ma Facebook proprio recentemente ha chiuso 23 pagine per fake news e istigazione d’odio online.
Un’ora è brevissima, non siamo riusciti a parlare del Venezuela. Ma posso dire che Chavez e Maduro sono molti diversi, c’è una notevole differenza. Di sicuro Chavez era più capace e più vicino alle idee di Lula.
La situazione di Lula e quella del Venezuela hanno però un filo rosso: la supremazia che gli Stati Uniti stanno cercando di avere su tutta l’America Latina.
Il garbo e il sapere, le notizie verificate e la buona fede fanno meno audience sui social, si sa.
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