Lunedì 23 novembre il governo della Crimea ha lanciato lo stato d’emergenza per il blackout, ancora non risolto, che ha colpito il Paese nella notte tra venerdì 20 e sabato 21.
Due milioni di abitanti sono attualmente senza luce elettrica e i residenti dei grattacieli del Paese non dispongono nemmeno di acqua corrente, che non può essere pompata ai piani superiori. I servizi di wifi sono stati interrotti, ma rimane attiva la copertura telefonica mobile.
Secondo le autorità locali, si tratta di un intervento compiuto di proposito dall’Ucraina per mettere in difficoltà il territorio, che prima era annesso al governo di Kiev e dal 2014 fa invece parte della Russia.
La Crimea dipende quasi totalmente dall’Ucraina per quanto riguarda l’energia, visto che riesce a produrre soltanto il 30 per cento del suo fabbisogno interno.
Non sarebbe la prima volta che l’Ucraina minaccia indirettamente la Crimea togliendole l’energia elettrica. Anche se non ci sono mai state rivendicazioni in merito, i cittadini del Paese avevano letto i vari blackout dell’inverno del 2014 proprio come ricatti di Kiev.
Il primo ministro della Crimea Sergei Aksyonov ha definito il blackout un atto terroristico e ha dichiarato: “Nessuno può mettere gli abitanti della Crimea in ginocchio. Non permetteremo che ci ricattino”.
I primi quattro piloni dell’elettricità sarebbero stati danneggiati venerdì, nella regione di Cherson, vicino al confine con l’Ucraina. Domenica 22 novembre, il sabotaggio di altri due piloni ha tolto l’elettricità all’intero Paese.
La compagnia elettrica statale ha diffuso le fotografie dei danni provocati ai piloni, mostrando come non si sarebbe trattato di un malfunzionamento della rete elettrica, ma di un’azione volontaria.
La Russia sta provando a risolvere la situazione con generatori locali, che diminuiscano i disagi provocati dal blackout, ma la situazione non è ancora sotto controllo.
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