La multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline è sotto accusa in questi giorni per una vasta rete di corruzione messa in atto dal ramo cinese dell’azienda. In seguito a indagini svolte a partire dal 2007, la polizia ha arrestato quattro dirigenti regionali del colosso britannico.
Ai microfoni della tv di Stato cinese, che ha dato grande risalto alla vicenda, uno dei dirigenti di Gsk in stato di detenzione ha ammesso di aver usato soldi dell’azienda per pagare tangenti, alzando così il prezzo dei farmaci. Secondo la polizia Gsk si serviva di oltre 700 intermediari e agenzie di viaggio, per corrompere con viaggi e prestazioni sessuali un gran numero di funzionari, medici, ospedali e fondazioni al fine di spingere la registrazione e la vendita dei propri prodotti in Cina. Il britannico Steve Nechelput, direttore finanziario di Gsk China/Hong Kong a cui è stato vietato l’espatrio, è il primo straniero coinvolto nella vicenda.
Lo scandalo, del valore di circa 370 milioni di euro, è finora il più grave tra quelli in cui sono state coinvolte imprese straniere in Cina, dopo la vicenda del gigante minerario Rio Tinto nel 2010. L’indagine è stata portata avanti nell’ambito di una serie di accertamenti portati avanti dalle autorità cinesi nei confronti di una sessantina di aziende farmaceutiche locali e internazionali. Negli ultimi mesi, inoltre, le multinazionali Mead Johnson, Nestlé e Danone erano finite nel mirino della giustizia cinese per aver alterato i prezzi del latte in polvere a proprio vantaggio, e anche Tetra Pak è stata di recente accusata di abuso della propria posizione di mercato in Cina.
Alcuni analisti avanzano in questi giorni il sospetto che le compagnie straniere siano diventate obiettivo privilegiato delle indagini delle autorità cinesi, con lo scopo di favorire i produttori locali in un mercato ancora poco regolamentato e affetto da endemica corruzione. Alle critiche ha risposto ieri la Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale della Repubblica Popolare Cinese, ribadendo che la lotta alla corruzione è rivolta indistintamente a tutte le aziende operanti sul territorio e che la Cina non ha intenzione di modificare, direttamente o indirettamente, la sua politica di raccolta di investimenti esteri.
D’altronde, non è la prima volta che le grandi case farmaceutiche vengono accusate di corruzione in Cina, nazione in cui il valore delle vendite di settore ha superato, secondo stime ufficiali, i 50 miliardi di euro nel 2011. Lo scorso anno, alcuni grandi produttori, tra cui Pfizer, Bristol-Myers, AstraZeneca e la stessa Gsk, sono stati ritenuti colpevoli negli Usa di violazione del Foreign Corrupt Practices Act, la legge federale che punisce la corruzione di funzionari di Paesi esteri. Le aziende in questione sono state condannate a pagare sanzioni milionarie per illeciti commessi in diverse parti del mondo, inclusa la Repubblica Popolare Cinese.
La storia di GlaxoSmithKline, il secondo gruppo farmaceutico mondiale dopo Pfizer, presente in 37 nazioni con un fatturato di 30 miliardi di euro (2012) e circa 100 mila dipendenti, è costellata di procedimenti legali legati ad accuse di corruzione. Nell’estate del 2012 è stata condannata, sempre negli Usa, al pagamento di 3 miliardi di dollari per illeciti commessi nella promozione e commercializzazione di alcuni farmaci di sua produzione. Si trattò del patteggiamento più oneroso mai corrisposto da un’azienda farmaceutica negli Stati Uniti.