Bielorussia: a un anno dall’inizio delle proteste Lukashenko promette che si dimetterà “molto presto”
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha promesso che si dimetterà “molto presto”, un anno dopo le controverse elezioni che hanno scatenato nel paese proteste senza precedenti, represse duramente dalle autorità. Lukashenko, spesso definito l’ultimo dittatore d’Europa, non ha però specificato quando lascerà la presidenza della Bielorussia, occupata ininterrottamente da 27 anni. Già lo scorso novembre Lukashenko aveva promesso che si sarebbe dimesso dopo l’approvazione di una nuova costituzione.
Durante la conferenza stampa annuale tenuta oggi, Lukashenko ha anche sostenuto che in Bielorussia “non vi è stata repressione e non vi sarà mai repressione”. “Scatenare la repressione in Bielorussia è come spararsi. Lo so bene e non supererò mai quel limite”, ha aggiunto.
Per contenere le proteste che negli scorsi mesi hanno portato centinaia di migliaia di persone in strada dopo il voto del 9 agosto 2020, circa 35mila persone sono state arrestate e diverse sono state uccise dalle autorità bielorusse, mentre attivisti e oppositori sono stati costretti a lasciare il paese. Nelle ultime settimane è salito alla ribalta anche il caso dell’atleta olimpica Krystsina Tsimanouskaya, che ha accusato il governo di aver tentato di costringerla a rimpatriare durante i Giochi di Tokyo. Tsimanouskaya, che aveva criticato la gestione della squadra olimpica, si è invece rifiutata di salire sull’aereo per rientrare in Bielorussia, chiedendo asilo in Polonia. “Non l’avrebbe fatto da sola se non fosse stata manipolata”, ha detto oggi Lukashenko, che ha anche smentito ogni coinvolgimento di Minsk nella morte di Vitaly Shishov, oppositore bielorusso trovato impiccato in Ucraina.
A maggio Lukashenko ha ordinato il dirottamento di un aereo che trasportava il giornalista bielorusso Raman Protasevich, costretto ad atterrare a Minsk mentre si dirigeva da Atene a Vilnius, in Lituania, spingendo Unione Europea e Stati Uniti a imporre nuove sanzioni contro la Bielorussia.
Il presidente bielorusso, che alle elezioni dell’anno scorso è stato rieletto al suo sesto mandato, ha minacciato ritorsioni alle sanzioni, dopo aver già rinunciato a contenere gli arrivi di migranti nei paesi europei.
“Chi ha bisogno che esplosivi sporchi arrivino nell’Unione europea?” ha detto Lukashenko, in riferimento alla cooperazione con i paesi occidentali nella lotta al contrabbando dei materiali radioattivi. “Non stiamo ricattando, non stiamo minacciando, siamo costretti a reagire”.
Oggi, in occasione dell’anniversario delle elezioni, gli Stati Uniti annunceranno altre sanzioni contro il regime di Lukashenko, per violazioni dei diritti umani, repressione degli oppositori anche all’estero e corruzione, secondo quanto anticipato da Afp. Anche il Regno Unito ha annunciato un inasprimento delle sanzioni contro la Bielorussia, mentre l’Unione europea ha ribadito la sua vicinanza all’opposizione bielorussa. “L’Ue non si fermerà finché non sarete rilasciati”, ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel in riferimento a Raman Protasevich e ai prigionieri politici in Bielorussia, affermando che l’Ue rimane al fianco della popolazione bielorussa e “continuerà a farlo”.
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