“Ogni giovedì arrivano con le ruspe e distruggono tende, capanne e abitazioni. Ogni settimana è qualcosa di nuovo. Oggi una tenda, domani tre case. Non c’è tempo di ricostruirle ed è di nuovo giovedì,” dice Anna Siegel, responsabile internazionale dell’organizzazione “Negev Coexistence Forum for Civil equality”.
Un destino condannato a ripetersi e, da oggi, con l’avvallo di una legge. Il 24 giugno la Knesset – il Parlamento israeliano – ha approvato il Piano Prawer.
Esso consiste nella distruzione degli insediamenti beduini, nell’appropriazione di terre e nello spostamento forzato dei suoi abitanti in “township” governative sovraccariche.
Sebbene la proposta di legge risalga a poco più di un mese fa, l’allontanamento forzato delle comunità beduine del Negev da parte dell’esercito israeliano non si è mai arrestato dal lontano 1948.
“Nonostante tutto, la popolazione beduina arabo-israeliana non molla,” afferma Siegel. “Dopo aver visto le proprie capanne distrutte, monta tende provvisorie, pur sapendo che non dureranno a lungo”. Rappresentativo è il caso del villaggio di Al-Araquib, distrutto per la 53esima volta in soli 3 anni lo scorso 16 luglio.
Dei circa 200 mila beduini del Negev, tra i 40 mila e i 70 mila risiedono in villaggi non riconosciuti dal governo – che nega loro i servizi più basilari, quali acqua, elettricità, assistenza sanitaria.
“Questi insediamenti sono costruiti illegalmente,” dice il governo israeliano. “Non sono sottoposti a standard di sicurezza e impediscono lo sviluppo di grandi aree.” Il Piano Prawer “regolerà le dispute territoriali irrisolte dei beduini nel Negev in modo definitivo.” Revocando quei diritti di proprietà territoriale ereditati dai beduini da generazioni.
Le Nazioni Unite hanno sollecitato Israele a riconsiderare il piano di legge. “Come cittadini di Israele,” dichiara l’Alto Commissario per i Diritti Umani Navi Pillay, “i beduini arabi hanno gli stessi diritti alla proprietà, alla casa, e ai servizi pubblici, di ogni altra comunità israeliana.” Aggiunge, inoltre, che “il governo deve rispettare i diritti delle tribù, compresa la richiesta di riconoscimento della proprietà terriera.”
Dall’estate 2011 i giovani israeliani sono presenti in strada per lamentarsi dello scarso numero di alloggi e di spazio, e per il relativo incremento dei prezzi, a Tel Aviv e altri centri. Parallelamente, le proteste per chiedere l’abrogazione della legge Prawer si stanno susseguendo di settimana in settimana.
“In Israele il problema della terra è uno dei temi più discussi e controversi,” spiega Siegel. “Mi spiego meglio,” continua subito dopo. “L’ala destra del governo israeliano vicina al presidente Netanyahu è favorevole all’implementazione delle colonie di Gerusalemme Est e Cisgiordania. Teme, però, anche la crescita demografica dei cittadini arabi musulmani entro i suoi confini e mira alla creazione di uno stato di soli ebrei”.
Lo spostamento forzato dei beduini dal Negev viene di pari passo a un progetto da 5,4 miliardi di euro che prevede il trasferimento di buona parte dell’esercito israeliano, e la costruzione di basi militari, nella stessa area. L’area desertica in questione consiste nel 55 per cento del Paese.
ll trasferimento nel Negev delle forze armate è un’importante risorsa contro la “crisi delle case” e i tagli alla difesa in Israele. I grandi spazi occupati dall’Idf (forze di difesa israeliane) nel centro di Tel Aviv saranno liberati a tutto vantaggio dei giovani in protesta da due anni ormai.
Ai beduini le cui terre e abitazioni saranno espropriate, verrà promessa una compensazione monetaria con limite temporale. Se i beduini non se ne andranno, perderanno non solo la loro proprietà ma anche la ricompensa offerta. Infine, saranno reinsediati nei quartieri di nuova costruzione, inadatti allo stile di vita nomade, sovrappopolati e con altissimi tassi di povertà.
“Il rispetto per i legittimi diritti delle minoranze è un principio fondamentale della democrazia” ha ricordato Navi Pillay, aggiungendo che “è increscioso che il governo israeliano continui a perseguire una politica discriminatoria contro i cittadini arabi del suo Paese”.