Presto George Soros potrebbe avere un contraltare nel fronte populista che da anni lo demonizza, additandolo come burattinaio delle rivoluzioni democratiche nel mondo e promotore dell’islamizzazione dell’Occidente.
Steve Bannon, ex capo stratega della Casa Bianca, ha annunciato di voler lanciare una fondazione che avrebbe lo scopo di fare da collante dei movimenti di destra e anti-establishment in tutta Europa, aumentando anche il loro potenziale economico per mezzo di lauti finanziamenti.
Si chiamerà “The Movement” e avrà sede a Bruxelles, con un organico iniziale di 10 dipendenti che verrà in breve tempo ampliato.
In una lunga intervista al Daily Beast, Bannon ha spiegato nel dettaglio le motivazioni che lo hanno spinto a fare questo passo.
“Mi sono accorto che la campagna per la Brexit era stata finanziata con appena 7 milioni di sterline. Ci rendiamo conto di quanto sia esigua questa cifra? Con 7 milioni di sterline non puoi fare nulla: non acquisti i dati degli utenti, non compri gli annunci pubblicitari. Eppure la quinta maggiore economia del mondo è stata portata fuori dall’Europa con questa cifra”.
Il senso è chiaro: i movimenti e partiti populisti, in Europa, sono mal coordinati e spesso scarsamente finanziati. Nonostante questo, facendo leva sulla rabbia anti-establishment dei ceti impoveriti dalla crisi economica e impauriti dai processi di globalizzazione, i populisti sono riusciti ad ottenere affermazioni straordinarie.
Per fare l’ultimo passo, manca ora un collante che permetta sia di coordinare l’azione politica di questi partiti in giro per l’Europa sia di provvedere ad aumentarne il potenziale economico.
Chi è Steve Bannon
Steve Bannon è una figura estremamente controversa. Ex direttore del sito di estrema destra Breitbart, negli anni è stato accusato di essere apertamente antisemita, sessista, razzista, vicino a movimenti nazisti e ai suprematisti bianchi.
Affermò di trovare sconveniente il fatto che le figlie andassero in una scuola frequentata anche da ragazze ebree, propalò con il suo sito la bufala sulla massa di immigrati islamici che avrebbero messo a ferro e fuoco Dortmund nella notte di capodanno del 2016.
Persino nell’entourage di Trump le sue posizioni hanno provocato non pochi mal di pancia, determinandone infine l’allontanamento nell’agosto del 2017, secondo molti accelerato dalla sua difesa dei suprematisti bianchi dopo gli scontri di Charlotesville.
Estromesso dalla Casa Bianca, ora Bannon tenterà di accreditarsi come il demiurgo delle politiche populiste nel vecchio continente.
Il suo movimento si occuperà innanzitutto di fornire sondaggi, ricerche e studi ai partiti di destra, occupandosi anche della profilazione degli utenti (Bannon è stato vicepresidente del Consiglio di amministrazione di Cambridge Analytica) che serve a inviare messaggi politici mirati sul web.
Ma non solo: “The Movement”, che già nel nome richiama all’opposizione tra il popolo dei movimenti e le élite dei vecchi partiti e delle istituzioni, cercherà di creare maggiore coordinamento tra i partiti populisti, a partire dalle prossime elezioni europee.
L’obiettivo di Bannon è infatti quello di creare un “supergruppo” al parlamento europeo, che beneficiando dei risultati delle elezioni possa raccogliere quasi un terzo dei parlamentari.
Un gruppo guidato dalle figure di Marine Le Pen e Nigel Farage, e che possa unire la destra ungherese di Orban, la Lega e il Movimento Cinque Stelle, i populisti polacchi e persino i Democratici svedesi, movimento di ispirazione neonazista che alle prossime elezioni nazionali potrebbe addirittura diventare il primo partito.
Ma soprattutto, la fondazione dell’ex stratega di Trump dovrebbe riuscire a foraggiare i populisti con finanziamenti raccolti in maniera massiccia e coordinata, rivaleggiando così con la Open Society di George Soros, che dal 1984 ha elargito ai progressisti (partiti e associazioni) ben 32 miliardi di dollari.
Bannon ha rivelato come l’idea della fondazione gli sia venuta lo scorso marzo, quando Marine Le Pen lo invitò ad un evento del Front Nationale a Lille.
Sarebbe stata proprio la destra francese a riconoscere per prima in Bannon una persona dotata della giusta esperienza per “unire i populisti europei”.
Dal palco di Lille, Bannon fece un’arringa che oggi può essere letta come una sorta di discorso programmatico: “Combatti per il tuo paese e ti chiamano razzista. Ma questo tipo di insulti non funziona più. I media dell’establishment sono cani da guardia del sistema. Ogni giorno noi diventiamo più forti e loro si indeboliscono. Lasciamo pure che ci chiamino razzisti o xenofobi, e appuntiamoci questi epiteti come fossero delle medaglie”.
Quanto alla sua visione del futuro, Bannon ha le idee chiare: “Il nazionalismo populista di destra si affermerà sempre di più, ed è il sistema che ci governerà – ha detto al Daily Beast – Avremo singoli stati nazione con le loro identità, i loro confini”.
Il modello di questo nuovo ordine globale viene, manco a dirlo, proprio dall’Italia e da Matteo Salvini: “L’Italia è il cuore pulsante della politica moderna”, ha detto Bannon. “Se il populismo funziona lì, può funzionare ovunque”.
L’ex stratega di Trump, del resto, dopo le elezioni del 4 marzo si recò personalmente in “missione” da Salvini per convincerlo ad allearsi con il Movimento Cinque Stelle, come raccontò lui stesso.
La rivalità con Soros e la Open Society Foundation
L’iniziativa di Bannon nasce da un’esigenza avvertita dai populisti a tutte le latitudini: contrastare la Open Society Foundation di George Soros, considerata una potentissima macchina in grado di “oliare” i processi politici globali indirizzandoli verso l’apertura dei confini, il liberismo, il dominio della società aperta e delle élite politico-finanziarie.
Soros è diventato, nel corso degli anni, il bersaglio privilegiato dei complottisti: è stato accusato di aver orchestrato rivolte in tutto il mondo, dalle primavere arabe all’Ucraina, passando per le proteste dei movimenti femminisiti e delle comunità afroamericane negli Stati Uniti.
Nulla di genuino, ma tutta opera del magnate ungherese, secondo queste teorie sposate e rilanciate dai politici di destra in tutto il mondo, Italia compresa.
La Open Society Foudation elargisce donazioni a organizzazioni indipendenti, non legate ai partiti, che si occupano della promozione di numerose cause tra cui la lotta per i diritti civili in paesi governati da regimi autoritari, la legalizzazione delle droghe leggere, l’eutanasia, i diritti degli omosessuali, delle minoranze etniche, la lotta alla discriminazione di genere.
Per il suo sostegno alle Ong che si occupano di migranti, Soros è stato ripetutamente accusato di promuovere una “islamizzazione” dell’Occidente.
I finanziamenti diretti ai partiti, in particolare ai Democratici negli Stati Uniti, non vengono effettuati dalla Open Society, bensì attingendo direttamente al patrimonio del magnate ungherese.
In sostanza, quindi, la fondazione ha uno scopo di promozione sociale che si traduce poi nel tentativo di esercitare pressioni indirette sulle politiche di alcuni stati. Nulla di illegale, ma materiale ghiottissimo per i complottisti.
Al di là delle teorie cospirazioniste, è comunque fuori di dubbio che la Open Society abbia una potenza di fuoco nel promuovere una visione libertaria e aperta della società e della politica, potendo contare su un patrimonio enorme, non eguagliato da nessun altro ente che faccia parte della galassia sovranista di destra.
Da qui il tentativo di Bannon, che anche nell’intervista al Daily Beast ha esplicitamente chiarito di voler diventare l’anti-Soros: “È il male, ma è molto brillante”, ha detto riferendosi al magnate ungherese.
Quanto al rischio di poter diventare anche lui bersaglio di teorie cospirazioniste, per l’ex direttore di Breitbart si tratta semmai di un’opportunità: “Guardate Chris Wylie [la gola profonda di Cambridge Analytica]. Ha detto: ‘Bannon ha fabbricato delle armi psicologiche’. Mi ha letteralmente reso un genio del male”.