Il leader del principale movimento che ha animato l’ultimo mese di proteste in Bangladesh ha indicato il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus come guida del nuovo governo ad interim di Dacca, la cui formazione è stata annunciata ieri dalle forze armate salite al potere dopo le dimissioni e la fuga in India della premier Sheikh Hasina. Intanto il presidente del Paese, Mohammed Shahabuddin, ha sciolto il Parlamento.
“Abbiamo deciso che il governo ad interim sarà formato” con “il vincitore del Premio Nobel, il dottor Muhammad Yunus” come “consigliere senior” (vale a dire leader dell’esecutivo) perché “gode di fama internazionale e di un ampio riconoscimento” in patria e all’estero, ha annunciato in un video pubblicato oggi sui social Nahid Islam, leader del collettivo “Studenti contro la discriminazione”.
Ieri, in un discorso rivolto alla nazione, il generale Waker-Uz-Zaman, capo di stato maggiore dell’esercito, aveva annunciato una serie di consultazioni politiche per formare un nuovo governo ad interim, ma il collettivo aveva fatto sapere ai militari che sarebbero stati i manifestanti, o meglio “coloro che hanno portato la rivoluzione”, a decidere chi governerà il Bangladesh.
Il capo di stato maggiore dell’esercito aveva incontrato ieri il presidente Mohammed Shahabuddin, che oggi ha sciolto il Parlamento dopo aver ordinato la liberazione di tutte le persone arrestate durante le proteste. Tra i rilasciati anche la 78enne ex premier e leader dell’opposizione, Khaleda Zia, grande rivale di Sheikh Hasina e guida del Partito nazionalista del Bangladesh (BNP), ricoverata in ospedale dalla sua condanna a 17 anni di carcere per corruzione comminata nel 2018.
Intanto il bilancio dei morti degli scontri tra manifestanti e polizia, a cui la premier dimissionaria e leader del partito Awami League aveva ordinato di reprimere i cortei nel sangue, è salito ad almeno 409 vittime, di cui 109 registrate soltanto nelle ultime 24 ore.
Le proteste erano cominciate lo scorso mese quando era stato reintrodotto un controverso sistema di quote di assunzioni all’interno della pubblica amministrazione che favoriva i figli dei veterani della guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971. Allora in migliaia erano scesi in strada per contestare la decisione, che in un Paese con altissimi livelli di disoccupazione giovanile limitava ulteriormente l’accesso ai posti di lavoro pubblici, ambiti soprattutto dai più istruiti, e non per motivi di merito ma per una sorta di diritto di nascita.
Il governo di Sheikh Hasina aveva risposto chiudendo le università e schierando la polizia e l’esercito per reprimere i cortei nel sangue, arrivando persino a imporre un coprifuoco a livello nazionale e a bloccare l’accesso a Internet. La situazione è precipitata ieri quando, malgrado il massiccio schieramento delle forze di sicurezza nella capitale, migliaia di persone hanno fatto irruzione nella residenza ufficiale della premier dopo la fuga di Sheikh Hasina all’estero.
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