Bangladesh, 19enne bruciata viva: 16 condanne a morte
Un tribunale del Bangladesh ha condannato a morte 16 persone per l’omicidio, il 6 aprile scorso, di una studentessa 19enne, Nusrat Jahan Rafi, bruciata viva per avere denunciato di aver subito molestie sessuali da parte del preside della sua scuola islamica. Lo riporta la Bbc online.
Il preside era stato accusato di molestie e tra i condannati c’erano almeno due compagni di classe della ragazza. Il suo omicidio ha scioccato il Paese e ha portato a una serie di proteste che chiedevano giustizia per Nusrat.
Il processo è stato uno dei più rapidi in un paese in cui tali casi richiedono in genere anni per concludersi. Il procuratore Hafez Ahmed ha detto ai giornalisti che ha voluto dimostrare “che nessuno riuscirà a cavarsela con un omicidio in Bangladesh”.
Nusrat Jahan Rafi era di Feni, una piccola città a 160 chilometri a sud di Dhaka e studiava in una madrasa, la scuola coranica.
La ricostruzione dei fatti
Il 27 marzo scorso Nusrat aveva raccontato che il preside, Siraj Ud Doula, l’aveva chiamata nel suo ufficio e aveva cominciato a molestarla. Lei era riuscita a fuggire e poi aveva deciso di denunciare l’accaduto alla polizia. Per il preside era scattato l’arresto ma a Dacca e a Feni molta gente era scesa in piazza per chiedere il suo rilascio.
Secondo quanto riferito dalla polizia, l’omicidio della 19enne era stato organizzato come “un piano militare”.
Nusrat era stata attirata sul tetto della sua scuola il 6 aprile di quest’anno, 11 giorni dopo aver denunciato il preside alla polizia per averla ripetutamente toccata in modo inappropriato. Sul tetto l’aspettavano quattro o cinque persone che indossavano un burqa. Con la violenza volevano costringerla a ritirare la sua denuncia.
Quando la diciannovenne ha rifiutato, le hanno dato fuoco. Secondo la polizia, avevano sperato di farlo sembrare un suicidio. Invece, Nusrat si è salvata.
Ma sapendo di essere stata gravemente ferita, ha rilasciato una dichiarazione che il fratello ha filmato sul suo telefono. “L’insegnante mi ha toccato, combatterò questo crimine fino al mio ultimo respiro”, ha detto alla telecamera, nominando poi alcuni dei suoi aggressori.
Nusrat, che aveva subito ustioni all’80 per cento del corpo, è morta quattro giorni dopo, il 10 aprile.
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