Le grandi banche internazionali si preparano a trasferirsi fuori dal Regno Unito all’inizio del 2017 a causa dei timori crescenti generati dalla Brexit, mentre gli istituti più piccoli stanno predisponendo piani per farlo già prima di Natale.
Lo ha scritto domenica 23 ottobre sull’Observer il capo della British Bankers’ Association, Anthony Browne, sostenendo che il dibattito pubblico e politico “ci sta portando nella direzione sbagliata” e che gli affari non possono aspettare l’ultimo minuto.
All’epoca del referendum gli istituti di credito si erano schierati per rimanere nell’Unione europea.
La maggior parte delle banche internazionali hanno i loro quartier generali a Londra e a Berlino. Il settore finanziario dà lavoro a oltre due milioni di persone e vale il 12 per cento dell’economia britannica.
Una fonte vicina al ministro responsabile dei negoziati sulla Brexit David Davis ha affermato che la settimana scorsa Davis e il cancelliere dello scacchiare Philip Hammond hanno cercato di offrire rassicurazioni alle banche sul mantenimento dello status della City di Londra.
Tuttavia, prosegue Browne sull’Observer, la dichiarata intenzione del governo di controllare la libertà di movimento degli stranieri nel Regno Unito viene vista nel settore come un duro colpo per qualsiasi possibilità di mantenere l’attuale status delle banche nel Paese.
I cosiddetti ‘diritti di passaporto’ per i membri del mercato unico permettono alle banche basate nel Regno Unito di offrire servizi finanziari a società e persone nell’intera Ue senza alcun ostacolo.
Browne da parte sua mette in guardia i politici britannici ed europei che sembrano preferire obiettivi dannosi per il commercio internazionale: essi devono rendersi conto che “innalzare barriere al commercio nei servizi finanziari oltremanica ci danneggerà tutti”.
E poi ricorda che attualmente le banche basate nel Regno “mantengono a galla finanziariamente il continente” con prestiti per 1.100 miliardi di sterline: anche questa realtà è a rischio.
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