L’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch (Hrw) ha lanciato l’allarme riguardo al bassissimo tasso di frequenza scolastica dei bambini siriani rifugiati in Turchia. Sarebbero quasi 500mila i profughi in età scolare che non frequentano le lezioni dalla loro fuga dalla Siria.
Nonostante il report rilasciato sostenga che il 90 per cento dei bambini collocati nei campi profughi turchi vada a scuola, essi rappresentano appena il 13 per cento dei minori siriani in Turchia.
Le ragioni che portano le famiglie siriane a non iscrivere i figli alle scuole turche sarebbero principalmente tre: la lingua, le difficoltà finanziarie e i problemi d’integrazione.
Molti rifugiati, infatti, non sarebbero a conoscenza delle nuove leggi turche, che dal 2014 obbligano il Paese a garantire la frequenza scolastica per i profughi, annullando le problematiche economiche.
Agli insegnanti siriani presenti nel Paese continua a essere vietato di svolgere la propria professione, cosa che abbatterebbe i limiti linguistici.
In Turchia, dall’inizio del conflitto civile siriano, oltre quattro anni fa, sono arrivati circa 2 milioni di rifugiati, dei quali 780mila sono bambini e ragazzi in età scolare.
Hrw ha richiesto un urgente intervento tecnico e finanziario internazionale: “Non riuscire a garantire l’accesso all’educazione ai bambini siriani mette a rischio un’intera generazione”, ha dichiarato la responsabile della Campagna per il diritto dei rifugiati Stephanie Gee, aggiungendo che gli effetti di un simile fallimento sarebbero disastrosi.
Secondo l’organizzazione non governativa, si sarebbe arrivati alla situazione attuale per un errore di calcolo. Quando i primi profughi siriani si sono rifugiati in Turchia all’inizio del conflitto, si pensava che la situazione sarebbe stata temporanea.
Molte famiglie hanno deciso di far lavorare i propri figli per far fronte all’emergenza, convinte che sarebbero tornate in Siria molto presto.
Le Nazioni Unite hanno stimato che sarebbero circa 13 milioni i bambini nel Medioriente a cui è stato negato il diritto allo studio a causa dei conflitti esplosi nella zona. Unicef sottolinea come, nell’area considerata, una scuola su quattro sia stata chiusa, danneggiata o distrutta.
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