Si chiamava Amal Hussein, aveva sette anni ed era diventata il simbolo della guerra in Yemen. La sua immagine, che la ritraeva fortemente denutrita, era stata pubblicata dal New York Times in un reportage per raccontare il dramma della fame e dei campi profughi. Oggi Amal Hussein è morta.
Il segretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari ha dichiarato che la metà della popolazione in Yemen potrebbe presto trovarsi sull’orlo di una carestia e dovere ricorrere completamente ad aiuti umanitari per sopravvivere.
“Il pericolo che una carestia imminente e grande inghiotta lo Yemen è imminente”, ha dichiarato Mark Lowcock al Consiglio di sicurezza.
Lowcock ha definito “scioccante” quanto sta avvenendo in Yemen, dal momento che solamente due carestie sono state annunciate negli ultimi 20 anni in tutto il mondo, nel 2011 in Somalia e lo scorso anno in un’area del Sud Sudan.
Secondo quanto dichiarato dall’Onu, per essere verificata la definizione di carestia oltre il 20 percento della popolazione non deve essere in grado di nutrirsi e almeno il 30 percento dei bambini con meno di cinque anni di età deve soffrire da malnutrizione acute con un raddoppio del tasso di mortalità.
A metà giugno, la guerra nel paese ha visto una nuova escalation in seguito all’offensiva lanciata sulla città di Hodeidah, l’unico porto rimasto in mano ai miliziani sciiti filo-iraniani huthi, la cui caduta potrebbe determinare il crollo del fronte ribelle.
Almeno 35mila famiglie risultano sfollate, mentre gli scontri hanno provocato la morte di centinaia di combattenti e decine di civili.
Secondo le Nazioni Unite, almeno 22,2 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari in Yemen, e 8,4 milioni sono minacciati da una grave insicurezza alimentare.
Il colera ha infettato 1,1 milioni di persone da aprile 2017 nel peggior focolaio mondiale e la difterite è tornata nel paese per la prima volta dal 1982.
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