È un no secco quello rivolto da Estonia e Lettonia ai cittadini russi in fuga dall’arruolamento per combattere in Ucraina: “Il rifiuto di adempiere al proprio dovere civico in Russia o il desiderio di non farlo non costituiscono motivi sufficienti per ottenere l’asilo in un altro Paese” ha detto a Reuters il ministro degli Esteri estone Urmas Reinsalu. La mobilitazione militare annunciata dalla Russia ha fatto temere tutti coloro che potrebbero rientrare nei 300 mila riservisti che il Cremlino invierà al fronte.
Anche il ministro degli Esteri lettone Rinkevics ha dato le sue motivazioni: “non è giusto considerarli obiettori consapevoli. Ci sono notevoli rischi per la sicurezza nell’ammetterli e ci sono molti paesi al di fuori dell’UE in cui andare”. Il ministero dell’Interno lituano ha detto che ogni caso verrà valutato individualmente.
I paesi baltici e la Polonia hanno bloccato tre giorni fa l’emissione di visti per turisti russi. Intanto, al di là della frontiera, code chilometriche di macchine vengono bloccate dalle guardie di frontiera. “A Buratiya, gli studenti universitari maschi vengono prelevati direttamente dalle aule. Alcune scuole sono state chiuse e trasformate in uffici di arruolamento”- riporta il giornalista Ilya Lozovsky – “Gli uomini vengono radunati e arruolati dai piccoli villaggi”. Sui social girano video di addii e proteste di coscritti.
La premier estone Kaja Kallasdi, di accoglienza non ne vuole sapere: “Ogni cittadino è responsabile delle azioni del proprio Stato e i cittadini russi non fanno eccezione. Pertanto, non diamo asilo agli uomini russi che fuggono dal loro Paese. Dovrebbero opporsi alla guerra”.
“Penso che l’unico modo in cui posso aiutare personalmente l’Ucraina in questo momento è non combattere lì” ha detto a The Guardian un giovane informatico russo di 26 anni. Di fronte alla dura repressione che già dissuadeva i russi da scendere in piazza, e con il rischio di dover partire verso il fronte, in molti hanno visto come unica via di fuga l’esilio, nonostante non rispondere alla chiamata alle armi sia un reato che viene punito con la reclusione.
Ci sono stati appelli a favore di un’apertura delle frontiere ai russi che si rifiutano di andare in guerra. “Potrebbe essere il momento di ripensare alla questione dei visti per i russi… Aiutare gli uomini che vogliono fuggire a non essere mobilitati sarebbe una buona decisione umanitaria e militare” ha detto il diplomatico francese Gérard Araud. Ma dalla Commissione europea si sentono toni più moderati: “ci troviamo in una situazione senza precedenti, con rischi da tenere in considerazione sul contesto geopolitico e in materia di sicurezza” secondo le dichiarazioni della portavoce Anitta Hipper.