Il sovrano sunnita del Bahrein, Hamad bin Isa al-Khalifa, e il suo governo hanno reso noto ieri che l’ayatollah sciita Sheikh Isa Qassim è stato privato della cittadinanza. Il ministro degli Interni del Bahrein ha accusato il religioso di “servire interessi stranieri”, mantenere contatto costante con “organizzazioni e partiti che sono nemici del regno” ed opporsi alle autorità, avendo “aderito a una teocrazia e insistito su una lealtà assoluta nei confronti del clero”.
Qassem Soleimani, un generale del Pasdaran, il corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, teme che il Bahrein possa essere sull’orlo di un conflitto civile tra sunniti e sciiti.
Secondo Soleimaini, questa mossa del sovrano del Bahrein potrebbe “infiammare gli animi del paese e dell’intera regione”. Alla maggioranza sciita della popolazione, che appoggia Sheikh Isa Qassim nella sua lotta per i diritti civili e politici e di cui, stando a un documento diplomatico statunitense pubblicato da Wikileaks, l’ayatollah sarebbe diventato la guida spirituale, non resta altro da fare che “ricorrere alla resistenza armata”. Con la revoca della cittadinanza, i leader del paese hanno oltrepassato una “linea rossa”.
In seguito agli annunci ufficiali, le prime proteste sono arrivate dall’abitazione del religioso, attorno a cui migliaia di persone si sono radunate per esprimere il loro sostegno e cantare cori contro le autorità sunnite.
Nei giorni precedenti, il governo del Bahrein aveva sferrato un altro colpo contro il principale partito di opposizione sciita, la Società Nazionale Islamica Wefaq, sospendendone gli incontri, chiudendone gli uffici e congelandone tutti i beni. Wefaq vede oggi il suo leader politico Sheikh Ali Salman, condannato a 9 anni di prigione e il suo capo spirituale, appunto Sheikh Isa Qassim, privato della propria cittadinanza.
Gli eventi in Bahrein hanno generato apprensione e critiche in altri paesi. Il ministro degli Esteri iraniano ha dichiarato di essere contrario alla scelta degli al-Khalifa. Anche gli Stati Uniti si dicono “allarmati” dalla situazione, specialmente dal momento che non si è a conoscenza di alcuna motivazione valida che potesse giustificare la rimozione dei diritti di cittadinanza.