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    Dalla Libia all’Azerbaigian: la guerra per procura dei mercenari siriani di Erdogan

    Credit: Siriahr

    La destabilizzazione della Siria continua a farsi sentire sull’intera regione, stimolando gli appetiti e le ambizioni delle medie e grandi potenze sulla scena

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 28 Set. 2020 alle 11:15 Aggiornato il 28 Set. 2020 alle 11:27

    Nagorno Karabakh: un vecchio conflitto alimentato in una remota regione del Caucaso anche da nuovi combattenti, stranieri pagati appositamente per combattere guerre che non gli appartengono, in particolare provenienti dalla Siria, dove non è difficile trovare veterani disposti a battersi all’estero.

    Non è una novità il ricorso a mercenari reclutati nel Paese arabo da parte della Turchia e non solo, impiegati poi in altri teatri di conflitto come ad esempio in Libia, dove Ankara avrebbe impiegato fin quasi 18mila tra miliziani siriani e combattenti stranieri reclutati in Siria, anche da gruppi fondamentalisti, compresi centinaia di minori, di cui almeno 8.500 già smobilitati e pronti a nuove “avventure”.

    Il rinfocolarsi del conflitto fra Armenia e Azerbaigian in Nagorno Karabakh, dove si è tornato a sparare già da luglio e che nelle ultime ore ha provocato i peggiori scontri dal 2016 portando alla parziale mobilitazione delle forze armate azere, potrebbe rappresentare una nuova tappa del viaggio dei combattenti siriani a pagamento tra i vari conflitti che infiammano il bacino del Mediterraneo.

    I due storici rivali, entrambe repubbliche ex sovietiche, rivendicano quest’area del Caucaso sin dall’indipendenza, coinvolgendo anche i loro grandi vicini, come Turchia e Russia, che a fine luglio, dopo i primi colpi sparati a cavallo del confine, decisero di mostrare i muscoli con una serie di esercitazioni militari congiunte: la prima con l’Azerbaigian e l’altra con l’Armenia.

    Leggi anche: Esclusivo TPI: miliziani siriani in fuga verso l’Italia dalla Libia. Le rivelazioni dal nord-est della Siria

    Proprio il governo di Yerevan accusa Ankara di aver schierato i propri F-16 al fianco delle forze di Baku, oltre a impiegare una serie di mercenari reclutati dalle zone occupate dai militari turchi in Siria settentrionale. Quest’ultima notizia, smentita dalle forze azere e turche, è stata divulgata dall’Armenian Unified Infocenter, che raccoglie dati sul conflitto per le autorità armene, non certo una fonte indipendente.

    Secondo l’intelligence armena, sarebbero quasi 4.000 i miliziani provenienti dalla Siria schierati al fianco delle forze di Baku e tra questi ben 81 potrebbero essere rimasti vittime del conflitto in Nagorno Karabakh. Se la fonte e i numeri divulgati possono apparire sospetti, le accuse di Yerevan trovano invece conferme da parte dell’Osservatorio siriano per i diritti umani.

    Varie fonti citate dall’ong con sede a Londra riferiscono infatti l’arrivo di un primo gruppo di combattenti siriani provenienti da alcune fazioni sostenute da Ankara, già arrivati in Azerbaigian attraverso la Turchia, che avrebbe già reclutato almeno 300 miliziani per questo fronte. I mercenari sarebbero giunti pochi giorni prima in Anatolia dal cantone di Afrin, nella campagna nord-occidentale della provincia siriana di Aleppo, occupata dal marzo del 2018 dalle forze turche.

    I combattenti coinvolti apparterrebbero per lo più alle fazioni ribelli siriane “Brigata Sultan Murad” e “Brigata Sultan Suleiman Shah”, nota anche come milizia Al-Amshat, dispiegate nei villaggi e nelle città della provincia di Idlib e del cantone di Afrin. La pericolosità di queste voci è alimentata anche dall’aleggiare dello spettro dell’estremismo religioso sul conflitto in corso in Caucaso, visto il coinvolgimento della brigata Sultan Murad, un gruppo armato afferente all’Esercito nazionale siriano, noto in passato come Esercito Siriano Libero, una formazione sostenuta Ankara e in cui sono confluiti anche vari fondamentalisti sunniti, che potrebbero creare non pochi problemi in un Paese a maggioranza sciita come l’Azerbaigian.

    Al momento nessuna fonte indipendente è stata in grado di confermare la notizia del dispiegamento di mercenari siriani in Nagorno Karabakh ma qualcosa sul fronte dei combattenti reclutati in Siria si sta certamente muovendo, soprattutto in Libia. Negli ultimi mesi si sono infatti rincorse varie voci circa il parziale ma progressivo abbandono del fronte libico sia da parte dei combattenti stranieri impiegati da Haftar che di quelli fedeli al Governo di Accordo Nazionale di Tripoli.

    Di recente, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, Ankara ha ridotto gli ingaggi dei mercenari siriani schierati in Libia, diminuendone i compensi da 2.000 a 600 dollari al mese, organizzando negli ultimi 10 giorni nuovi convogli di ritorno in Siria dal Nord Africa per oltre 1.200 combattenti in scadenza di contratto.

    Secondo l’analista Elizabeth Tsurkov, quasi un mese fa le chat su WhatsApp dei gruppi armati vicini all’Esercito nazionale siriano parlavano della possibilità di partire per l’Azerbaigian con compensi compresi tra i 2.000 e i 2.500 dollari mensili, un notevole aumento rispetto ai 70 dollari al mese ricevuti per combattere insieme alle forze turche nel nord della Siria. Nonostante il reclutamento di combattenti siriani per il conflitto in Nagorno Karabakh resti ancora al livello di voci non confermate e accuse di parte, varie fonti locali hanno documentato la partenza, circa una settimana fa, di decine di miliziani dalla Siria nordoccidentale attraverso la Turchia con destinazione sconosciuta.

    La difficoltà di confermare l’invio di mercenari dalla Siria per combattere al fianco di Baku si scontra anche con il diverso metodo di reclutamento adottato rispetto al conflitto libico. Lo schieramento di combattenti siriani in Libia, impiegati al fianco del governo di Tripoli contro il generale Haftar, era avvenuto tramite il coinvolgimento diretto degli ufficiali turchi, accordatisi con i comandanti delle varie fazioni che compongono l’Esercito nazionale siriano.

    In questo caso invece, il reclutamento avverrebbe su base diretta, attraverso l’intermediazione di compagnie private operanti in Turchia, che si occupano anche del trasporto dei combattenti al fronte. Fonti locali confermano l’apertura in due scuole del centro della città di Afrin di altrettanti uffici volti a reclutare “volontari” per il fronte azero, dove l’affluenza e le lunghe code avrebbero addirittura creato problemi di ordine pubblico, causati dalla scarsa disciplina dei combattenti.

    La domanda di mercenari sarebbe infatti sensibilmente inferiore all’offerta di miliziani pronti a partire per combattere su nuovi fronti. La maggioranza di questi mercenari è spesso reclutata tra le fasce più povere e fragili del Paese arabo, in particolare dalla provincia ribelle di Idlib, assediata dal regime di Damasco, e dalle zone a sud di Hama e nei pressi di Homs, tutte tornate sotto il controllo del presidente Bashar al-Assad, e da Suweida, un centro abitato dalla minoranza religiosa drusa.

    La devastazione seguita a nove anni di guerra e il conseguente tracollo economico della Siria hanno infatti portato migliaia di giovani a scegliere di andare a combattere all’estero, dimostrando quanto la destabilizzazione di un singolo Paese abbia effetto su intere regioni, stimolando gli appetiti e le ambizioni delle medie e grandi potenze impegnate sulla scena.

    Leggi anche: Venti di guerra nel Caucaso: si combatte tra Armenia e Azerbaigian. La Russia chiede il “cessate il fuoco”

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