Un’autobomba è esplosa nella mattina di mercoledì 8 giugno davanti a un commissariato nel sudest della Turchia e ha ucciso tre agenti e ferito almeno trenta persone. Il primo ministro turco Binali Yildirim ha accusato il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) di essere il responsabile dell’attentato.
L’esplosione, avvenuta nella città di Midyat, ha distrutto la facciata di un edificio di cinque piani e ha danneggiato altri edifici vicini.
Sul posto sono intervenute numerose ambulanze che hanno soccorso i feriti, compresi alcuni civili che si trovavano vicino al commissariato. Nelle ore successive all’attentato, si sono verificati scontri tra le forze di sicurezza turche e i militanti del Pkk.
La città si trova nella provincia di Mardin, a venti chilometri dal confine siriano, una regione abitata prevalentemente dai curdi. Dopo l’interruzione del cessate il fuoco la regione ha visto un notevole aumento delle violenze e delle azioni militari del Pkk, che reclama l’indipendenza per il popolo curdo.
A rendere ancora più instabile la situazione si è aggiunta la guerra civile siriana, con la Turchia che accusa il Pkk, considerato un’organizzazione terroristica da Ankara, dall’Unione europea e dagli Stati Uniti, di avere legami con le milizie curde dell’Ypg, che combattono in Siria.
Ieri un’autobomba fatta detonare al momento del passaggio di un pullman della polizia turca nel quartiere di Beyazit a Istanbul, aveva provocato dodici morti, cinque civili e sette poliziotti e 36 feriti.
L’attacco non è stato rivendicato, ma la pista che gli investigatori seguono è quella del Tak, i Falconi della libertà, un gruppo radicale dissidente del Pkk che, dopo anni di silenzio, è tornato a colpire il 13 marzo nella capitale Ankara il 13 marzo, uccidendo 37 civili.
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