Quasi un terzo dei koala, specie ormai sinonimo di Australia, è morto negli ultimi tre anni. A rivelarlo è l’Australian Koala Foundation, secondo cui nel 2021 la popolazione della specie contava tra i 32mila e i 58mila esemplari, in netto calo rispetto alla cifra compresa fra i 46mila e gli 82mila koala rilevata nel 2018. Le cause principali della moria di questi mammiferi sono attribuite agli effetti dei cambiamenti climatici indotti dalle attività umane: disboscamento, incendi e siccità. Inseriti tra le specie vulnerabili già nel 2012, questi marsupiali erbivori popolano per lo più le regioni orientali e meridionali del Paese.
Il dato peggiore proviene proprio dallo Stato sud-orientale del New South Wales, la cui capitale è Sydney. Qui gli attivisti stimano un calo della popolazione di koala nell’ordine del 41 per cento in tre anni. Questi preoccupanti dati confermano i risultati di un’inchiesta parlamentare pubblicata lo scorso giugno, secondo cui in New South Wales la specie potrebbe estinguersi entro il 2050 a meno che il governo non intervenga per proteggerne l’habitat. Le foto di koala carbonizzati sono diventate il simbolo del tributo pagato da questi animali ai catastrofici incendi avvenuti in Australia negli ultimi due anni.
Eppure, secondo gli attivisti, la popolazione della specie era già in declino a causa della distruzione dell’habitat. Una tendenza definita “inquietante” dall’Australian Koala Foundation, che chiede alle autorità di Canberra di intervenire per impedire una catastrofe ambientale e “tirare fuori dai guai” la specie.