Secondo il rapporto annuale sulla pena di morte pubblicato dall’associazione italiana “Nessuno tocchi Caino“, nel 2013 sono aumentate le condanne a morte.
L’organizzazione ha stimato che l’anno scorso sono state effettuate 4.106 esecuzioni capitali in tutto il mondo, rispetto alle 3.967 del 2012. I primi tre Paesi per numero di condanne a morte sono la Cina, con 3,000 persone uccise, l’Iran con almeno 687 e l’Iraq con 172.
L’Asia, dunque, si conferma il continente con il maggior numero di esecuzioni capitali. Nelle Americhe, invece, la pena di morte è di fatto applicata solo negli Stati Uniti d’America, che si trovano al quinto posto per numero di esecuzioni con 39 persone uccise, subito dopo l’Arabia Saudita.
In Africa le condanne a morte sono state almeno 57, distribuite in cinque stati diversi: Somalia, Sudan, Sudan del Sud, Nigeria e Botswana. In Europa, invece, l’unico Paese in cui la pena di morte è in vigore è la Bielorussia.
A oggi sono 161 gli stati che hanno deciso di non applicare più la pena di morte. Di questi, 100 hanno eliminato l’esecuzione capitale dal loro codice penale, mentre altri 7 l’hanno abolita ma solo per i crimini ordinari (Brasile, Cile, El Salvador, Figi, Israele, Kazakistan e Perù). Ci sono poi altri 48 stati in cui a livello legislativo la pena di morte è ancora formalmente esistente, ma è considerata di fatto abolita, poichè non vengono praticate esecuzioni capitali da almeno dieci anni.
I metodi di esecuzioni variano da stato a stato. Se negli Stati Uniti il condannato viene fatto morire con un’iniezione letale, nei Paesi a maggioranza musulmana, l’impiccagione e la fucilazione sono i metodi più diffusi. In Arabia Saudita la condanna a morte viene eseguita tramite la decapitazione, mentre in Iran viene usata anche la lapidazione.