Attivista lgtb uccisa russia: c’è una lista
“Ci sono due elementi che colpiscono molto riguardo l’omicidio di Elena Grigoryeva: il primo è il fatto che Elena sia stata uccisa a San Pietroburgo, una città dal respiro europeo e tendenzialmente aperta; il secondo è che il nome di Elena era su un lista nera di un sito russo minacciava esplicitamente l’attività di alcuni attivisti Lgbt. La polizia russa ha bannato il sito la scorsa settimana ma non ha cercato gli autori. Questo provoca molto timore negli altri attivisti i cui nomi erano su quella lista”.
A parlare è Yuri Guaiana, attivista per i diritti Lgbt, nel 2011 è stato nominato segretario nazionale dell’associazione Radicale Certi Diritti.
L’11 maggio 2017 si stava recando alla procura generale di Mosca per consegnare le firme raccolte con una petizione contro il trattamento degli omosessuali in Cecenia, ma fu stato fermato dalla polizia russa che lo portò in caserma insieme agli altri quattro attivisti ai quali si accompagnava.
Yuri riporta a TPI il sentimento degli amici attivisti russi dopo la morte di Elena Grigoryeva, uccisa dopo essere stata accoltellata otto volte e infine strangolata. Il corpo della 41enne è stato ritrovato da un passante domenica 21 luglio a San Pietroburgo, a un centinaio di metri di distanza dalla sua casa.
In passato Elena aveva denunciato più volte di aver ricevuto attacchi omofobi e minacce ma non le era stata data alcuna protezione. L’attivista lgtb uccisa in russia era in una lista nera.
“Ho sentito subito gli amici attivisti in Russia per far loro le condoglianze, per sapere se stavano bene e quale fosse la loro sensazione. Quello che ha colpito è come questo omicidio sia avvenuto proprio a San Pietroburgo che è una delle città più europee della Russia, non parliamo della Cecenia, questo porta a grande timore”.
La situazione è peggiorata. Non è una novità. Elena è la prima a essere stata uccisa. Ci sono stati altri episodi. A gennaio del 2018 un attivista era stato ucciso all’ingresso della propria casa, esattamente con Elena. Adesso siamo arrivati a due casi di uccisioni e assasini brutali. La cosa grave è che Elena è stata minacciata online e offline, è stata oggetto di violenze, costantemente denunciate alla polizia, ma le atuorità non ha mai fatto nulla.
Questo è il punto. Preoccupa l’atteggiamento delle autorità anche in Cecenia. Lo Stato tende a guardare dall’altra parte. La polizia non fa nulla per proteggere la vita degli attivisti. È stato aperto un caso, è stato arrestato un sospetto per l’omiciio di Elena. Non è detto che venga aperto un caso con l’aggravante dell’odio. Ma per dare un quadro completo della situazione, la cosa più grave secondo me e gli attivisti riguarda il sito che si chiama “la sega”, dove era comparsa una lista di attivisti e attiviste con sotto una chiarissima minaccia di morte.
Non c’è un’indagine per prendere le persone che hanno fatto queste gravissime minacce. Elena era su questa lista. Il sito è stato oscurato una settimana fa. La stessa associazione di Elena, e altre come “Coming out” hanno ricevuto aggressioni. A questo punto diventa veramente inquientante. Se cominciano ad ammazzare chi era su quella lista e la polizia non fa nulla c’è da preoccuparsi.
Sembra chiaro che le autorità russe non fanno tutto quello che dovrebbero per proteggere gli attivisti. La Russia è un paese dove oppositori, giornalisti vengono imbavagliati. Questo è il contesto. Ci preoccupa molto.
È arrivata una condanna della corte europea dei diritti dell’uomo sulla legge sulla propaganda ma non c’è stato alcun riscontro.
Il problema è che le leggi hanno fomentato questo odio.
Alcuni degli attivisti che conosco sono su quella lista. Il clima è molto teso, hanno paura. Altri attivisti sono stati minacciati molte volte, la paura che c’è riguarda questa lista che è stata oscurata. Hanno iniziato ad ammazzare le persone che stavano su quella lista. Gli episodi si susseguono con frequenza maggiore e con escalation di violenza. La sensazione di non essere al sicuro è sempre più forte.
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