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    Chi sono le vittime dell’attentato Nuova Zelanda

    CREDIT: Sanka Vidanagama/NurPhoto/AFP
    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 16 Mar. 2019 alle 15:33 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 16:18

    AGGIORNAMENTO 17 MARZOIl bilancio delle vittime dell’attentato terroristico a due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda, è salito a 50 dopo la morte di uno dei feriti. Lo ha riferito il capo della polizia neozelandese Mike Bush.

    Le forze dell’ordine stanno identificando le persone che sono rimaste coinvolte nella strage. Si tratta di persone provenienti da molti paesi diversi. Alcuni erano profughi.

    Ecco chi sono le 49 vittime finora identificate:

    Daoud Nabi, 71 anni

    Daoud Nadi è stata la prima delle vittime ad essere identificata. Era nato in Afghanistan, ma si trasferì con la sua famiglia in Nuova Zelanda negli anni ’80 per sfuggire all’invasione sovietica.

    Era un ingegnere. Secondo le prime ricostruzioni Daoud Nadi si sarebbe gettato davanti ad altre persone nella moschea per proteggerle quando l’uomo armato ha attaccato i fedeli.

    Sayyad Milne, 14 anni

    Sayyad Milne aveva 14 anni, e sognava di diventare un calciatore. Si trovava alla moschea di Al Noor con sua madre, per la preghiera del venerdì.

    “Un piccolo soldato coraggioso, è così difficile vederlo ucciso da qualcuno a cui non importava niente di nessuno. So dov’è, so che è in pace”, ha detto il padre.

    Naeem Rashid

    Naeem Rashid era originario di Abbottabad in Pakistan. Era insegnante a Christchurch.

    Nel video dell’attacco alla moschea di Al Noor si vede Rashid mentre tenta di affrontare l’attentatore.

    Il signor Rashid è rimasto gravemente ferito ed è morto in ospedale. Il Ministero degli Esteri del Pakistan ha confermato la sua morte. È stato considerato un eroe.

    Talha Rashid

    Talha era il figlio maggiore di Rashid. Aveva 11 anni quando la famiglia si trasferì in Nuova Zelanda. Il Ministero degli Esteri pakistano ha confermato la sua morte.

    Gli amici hanno raccontato che Talha aveva appena iniziato nuovo lavoro e sperava di sposarsi presto.

    “Qualche giorno fa, quando ho parlato con Naeem Rasheed, mi aveva raccontato i suoi piani per venire in Pakistan per il matrimonio di suo figlio”, ha detto lo zio di Talha che vive a Lahore.

    “Ma ora stiamo prendendo accordi per riportare in Pakistan i cadaveri di entrambi, padre e figlio”.

    Un altro dei figli di Rashid è sopravvissuto.

    Hosne Ara, 42 anni

    Hosne Ara, di origini bangladesi, si trovava nella zona delle donne della moschea di Al Noor quando ha sentito gli spari. Suo marito, Farid Uddin, si muove su una sedia a rotelle e si trovava nella zona degli uomini.

    “Subito dopo aver sentito il rumore degli spari, si è precipitata a salvare suo marito, ma è stata colpita dalle pallottole ed è morta”, ha detto suo nipote a un quotidiano del Bangladesh. Secondo quanto riferito, suo marito è sopravvissuto.

    Khaled Mustafa

    A dare notizia della sua morte è il gruppo Syrian Solidarity New Zealand. Khaled Mustafa era rifugiato nel paese dal 2018, dopo essere scappato dalla guerra in Siria.

    Uno dei suoi figli adolescenti, che non è stato identificato, risulta ancora disperso. Un altro figlio è stato gravemente ferito e ha subito un intervento chirurgico.

    Mucad Ibrahim, tre anni

    Non è ufficiale la sua morte, ma la famiglia non riesce a rintracciarlo dopo la sparatoria.

    Mucad era “energico, giocoso e amava sorridere e ridere molto”, ha raccontato il fratello, Abdi Ibrahim.

    La polizia ha detto soltanto che almeno un bambino è stato ucciso e molti sono rimasti feriti, ma senza fare nomi.

    Amjad Hamid, 57 anni

    Hamid era un medico specializzato in malattie cardiorespiratorie e viveva in Nuova Zelanda da 23 anni insieme alla moglie e a due figli. La sua famiglia non è riuscita a rintracciarlo dopo la sparatoria, e dunque crede che sia morto.

    “È terribile, speravamo di trovare un futuro migliore per noi e per i bambini che stavamo progettando di avere”, ha detto sua moglie Hahan al New Zealand Herald, che lo ha descritto come “un uomo molto gentile”.

    Hussain al-Umari, 35 anni

    Ogni venerdì, Hussain al-Umari andava alla moschea e poi andava a cena a casa dei suoi genitori.

    L’ultima volta che ha parlato con i suoi genitori era giovedì. Era felice perché aveva appena comprato una macchina nuova.

    Janna Ezat e Hazim al-Umari, trasferitisi in Nuova Zelanda dagli Emirati Arabi Uniti negli anni ’90, non hanno più avuto sue notizie dopo l’attacco.

    Lilik Abdul Hamid

    Conosciuto anche come Muhammad Abdul Hamid, Hamid è il primo indonesiano di cui si ha la conferma della morte nell’attacco.

    Insieme a queste persone che sono già state identificate ve ne sono molte altre su cui la polizia e le ambasciate stanno facendo dei controlli.

    Il Ministero degli Affari Esteri del Pakistan ha confermato la morte di quattro uomini: Sohail Shahid, Syed Jahandad Ali, Syed Areeb Ahmed e Mahboob Haroon. Altri 3 sono “ancora in fase di identificazione”, secondo il portavoce Mohammad Faisal.

    I dispersi che ancora mancano all’appello sono originari di paesi come Giordania, India, Pakistan, Bangladesh, Afghanistan, Figi e Arabia Saudita.

    Almeno quattro persone provenivano invece dalla Somalia

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