PARIGI – Quello che sorprende di più è il silenzio. Nella metro, nei treni regionali, per le vie centrali della città, sotto casa. Il silenzio vuoto è arrivato verso le due di notte, e ancora oggi pomeriggio viene interrotto solamente dalle sirene della polizia, sulle tracce di due terroristi in fuga.
Il silenzio della morte e del suo imperialismo universale che – per difendere i privilegi di pochi – miete regolarmente la vita di esseri umani innocenti. Oltre centoventi persone sono morte ieri a Parigi.
Centoventi vittime della guerra fondamentalista, maschilista e sessista che si nutre dei soldi, degli appoggi, delle armi di chi pretende di dominare e del fondamentalismo di chi vorrebbe imporre il suo modello morale, la sua ideologia.
“L’orrore ha attaccato la Francia”, ha osato ieri il presidente François Hollande, interrompendo per un momento la sua dichiarazione in televisione con un sussulto emotivo. Interpretazione e simbolo della sensazione provata da tutto il Paese e in particolare dai cittadini della capitale.
I passaggi: un silenzio denso, l’incredulità, la transizione da uno stato di essere all’altro, dalla pace alla guerra. E quale guerra? Quella interna, quella contro il proprio sé, contro ciò che l’ideologia dominante rappresenta.
E poi, nel parigino, arriva il dolore per le vittime, la collera contro il nemico, il rigetto del terrore, l’analisi della situazione attuale e dei rischi che il futuro riserva.
Prima di tutto quello dell’amalgama di violenza e razzismo integrato che le reti informative dell’estrema destra stanno già impastando in modo da fomentare divisioni interne al Paese, e creare così un terreno propizio alla germinazione del loro grano fascista.
E ancora, le altre domande: che cosa provocherà l’orrore nella vita reale dei parigini, dei francesi, degli europei? Quali saranno le conseguenze precise, l’applicazione pratica nella vita di tutti i giorni? Come tradurrà, il potere, nella pratica, nella vita, lo spazio di gestione eccezionale che oggi gli è concesso dai cittadini riuniti contro l’orrore?
Dovremo avere paura di “andare al mercato”, come vorrebbero i nostri nuovi pretenziosi “maestri” sterminatori, i militari dell’Isis, finanziati dall’imperialismo dominante che esita a sradicare il sedicente Stato islamico per sapere quanto beneficio può ancora trarre dalla sua azione?
Cederanno Hollande e Valls a una semplicistica stretta alle libertà personali su modello statunitense? Patriot Act? Maggiore sorveglianza, al momento apparentemente inutile, delle reti telefoniche e di Internet? Oppure reazione di orgoglio libertario?
Quale sarà il passo? Verso una maggiore accettazione del diverso, il rispetto dell’altro, la considerazione? O verso il segregazionismo di classe, di religione, di origine? Apertura o chiusura? Comprensione educativa o accettazione della manipolazione? E quindi sottomissione masochista alle sue norme dominanti?
E cosa pensare di questo #PrayForParis che circola sul web? Non è paradossale che si utilizzi una terminologia religiosa in segno di solidarietà verso un Paese dalla forte tradizione laica? Qui non si giura sulla Bibbia per diventare presidenti.
E ancora, lo stato d’urgenza che ricorda la ferita della guerra d’Algeria. E poi le tv. E la più statunitense di tutte le francesi, la BFM, che arriva sempre prima, anche a costo di disinformare invece che informare, se necessario. Altro che precisare, spiegare, cercar di capire e di far capire.
Ma sempre, comunque, la responsabilità, la solidarietà, la risposta civile. Le case aperte a chi si trovasse in pericolo, o non se la sentisse di rientrare solo. #PorteOuverte, con o senza la s alla fine, è stato l’hashtag di ieri sera. Rimane da sperare che sia anche quello di domani.
* Giacomo Leso è un giornalista italiano. Ha lavorato per diversi anni a l’Espresso da Parigi. Collabora con TPI
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