Una corte russa ha condannato a 20 anni di reclusione Zaur Dadaev, l’uomo accusato di aver ucciso il leader russo dell’opposizione Boris Nemtsov. La sentenza prevede anche condanne tra gli 11 e i 19 anni per i quattro uomini accusati di essere suoi complici. I cinque sono tutti ceceni.
L’oppositore russo Nemtsov era stato ucciso poco dopo la mezzanotte di sabato 27 febbraio 2015 in una strada vicino al Cremlino. Gli alleati politici di Nemtsov comunque non credono che la magistratura russa abbia indagato a fondo in questo caso e che i mandanti siano tuttora a piede libero.
“Questa condanna non include né i mandanti né gli organizzatori dell’omicidio”, ha dichiarato all’agenzia stampa Reuters Vadim Prokhorov, avvocato della figlia di Nemtsov, Zhanna.
I procuratori russi sostengono che i cinque uomini ceceni avevano seguito Nemtsov nella capitale russa e che era stata promesso loro un premio di 15 milioni di rubli, pari a quasi 250mila dollari, per assassinare il politico. Shamsudin Tsakayev, avvocato di Dadaev, ha dichiarato a Reuters che il suo cliente non ha commesso il delitto.
Nemtsov è morto poco prima di una manifestazione per protestare contro la guerra in Ucraina in programma per domenica 1 marzo a Mosca.
Già vice primo ministro di Boris Eltsin negli anni Novanta e poi passato all’opposizione, Nemtsov era conosciuto per le sue critiche nei confronti del presidente russo Vladimir Putin.
Il presidente ucraino Petro Poroshenko aveva definito Boris Nemtsov come un ponte di collegamento tra l’Ucraina e la Russia. “L’omicido ha distrutto questo ponte. Non penso sia avvenuto per errore”, aveva dichiarato Poroshenko ai tempi dell’assassinio.
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