Julian Assange ha confermato la sua intenzione di fare ritorno negli Stati Uniti dopo la decisione del presidente uscente Barack Obama di concedere la grazia a Chelsea Manning.
Il fondatore di Wikileaks ha detto che potrebbe accettare l’estradizione e abbandonare l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove si trova dal 2012, purché i suoi diritti siano rispettati.
La scorsa settimana Assange ha detto che sarebbe tornato negli Usa se l’ex analista dell’esercito americano Chelsea Manning fosse stata graziata dal presidente uscente. In seguito, Obama ha commutato la pena di 35 anni di carcere inflitta a Manning, disponendo che fosse rilasciata a maggio 2017.
“Mantengo tutto quello che ho detto, inclusa l’offerta di tornare negli Stati Uniti se Manning fosse stato graziato”, ha detto Assange in una conferenza stampa audio giovedì 19 gennaio. “La pena non sarà eliminata fino a maggio. Possiamo discutere molto su questo punto”, ha aggiunto.
Dopo la decisione di Obama, infatti, uno dei legali del fondatore di Wikileaks aveva dichiarato che comunque il provvedimento era meno di quanto Assange volesse: “la grazia e la scarcerazione immediata”.
Chelsea Manning (nata Bradley Manning) era stata condannata a 35 anni per aver consegnato a WikiLeaks documenti secretati nel 2015. Aveva annunciato di voler cambiare sesso, ma era stata ugualmente assegnata a una prigione maschile, Fort Leavenworth, in Kansas.
Nel corso del 2016 aveva fatto uno sciopero della fame finché l’esercito non aveva acconsentito alla terapia per la disforia di genere.
In carcere Manning ha anche tentato il suicidio due volte, l’ultima nell’ottobre del 2016. A settembre era stata condannata a 14 giorni di isolamento per il suo precedente tentativo di uccidersi, avvenuto a luglio.
Nella sua ultima conferenza stampa alla Casa Bianca Obama ha detto che la pena di Manning era “eccessiva”, ma ha negato di aver concesso la grazia per l’offerta di Assange.
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