Gli Stati Uniti temono che i miliziani dell’Isis utilizzino armi chimiche nel tentativo di rallentare l’avanzata dell’offensiva guidata dall’esercito iracheno nel terzo giorno di combattimenti per la riconquista di Mosul, in Iraq.
Le forze speciali americane sul territorio hanno raccolto i frammenti delle bombe per verificare la presenza di eventuali agenti chimici, come l’iprite, un gas utilizzato durante gli attacchi condotti negli scorsi mesi dal sedicente Stato islamico.
Gli Stati Uniti non credono che l’Isis sia finora riuscito a sviluppare armi chimiche con effetti particolarmente letali e devastanti. L’iprite causa infiammazioni alla pelle e ai polmoni, ma in basse dosi non è letale.
Per questo la minaccia principale arriva dalle armi tradizionali, dalle mine antiuomo disseminate sulle vie d’accesso alla città, dalle autobombe e dagli attacchi suicidi con i quali i jihadisti tenteranno di fermare l’avanzata dell’esercito iracheno e dei miliziani curdi.
La caduta di Mosul rappresenterebbe una durissima sconfitta strategica per il sedicente Stato islamico e i circa 5mila miliziani dell’Isis che ancora presidiano la roccaforte faranno il possibile per rendere l’operazione più difficile.
È allarme per i 700mila civili che si stimano ancora intrappolati nella città e che potrebbero essere utilizzati come scudi umani.
“Se non saremo in grado di assicurare la sicurezza e l’incolumità dei civili che fuggono dall’Isis, questo ci renderà più vulnerabili e favorirà il ritorno dello Stato islamico”, ha avvertito il presidente degli Stati Uniti Barack Obama.
Infatti, la caduta di Mosul potrebbe rischiare di scatenare lotte settarie, come accaduto nel 2003 dopo la destituzione di Saddam Hussein.
Finora la coalizione guidata dagli Stati Uniti ha liberato dieci villaggi nelle vicinanze di Mosul. Le truppe governative stanno avanzando da sud mentre gli alleati curdi si stanno avvicinando da est, ma si trovano ancora tra i 30 e i 40 chilometri fuori dalla città.