L’Onu ha dichiarato venerdì 26 luglio di aver raggiunto un accordo con la Siria per aprire un’indagine sul presunto uso di armi chimiche nella guerra in corso.
Il comunicato fa seguito ai negoziati avvenuti il 24 e il 25 luglio a Damasco tra il governo siriano e i due inviati speciali delle Nazioni Unite.
Ai colloqui erano presenti l’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per il disarmo, Angela Kane, e il capo del team di esperti Onu incaricato di indagare sul possibile uso di armi chimiche, Åke Sellström. La delegazione siriana, invece, era composta dal vice primo ministro Qadri Jamil, il ministro degli Esteri Walid al-Mouallem e il suo vice Faisal Mekdad.
“Gli incontri sono stati intensi e produttivi e hanno portato a un accordo su come procedere” si legge nella dichiarazione congiunta. Non viene tuttavia precisato se le indagini potranno essere condotte sul posto.
Un dettaglio rilevante se si considera il fatto che il regime ha finora negato l’accesso all’intero territorio siriano, permettendo di condurre l’indagine della Commissione d’inchiesta Onu unicamente a Khan al-Assal nei pressi di Aleppo. In questa città, secondo Damasco, il 19 marzo i ribelli avrebbero fatto uso di gas sarin.
A fronte dei 13 casi riportati alle Nazioni Unite sull’utilizzo di armi chimiche in Siria, il segretario generale Ban Ki-Moon ha fatto sapere di voler avere accesso non solo ad Aleppo ma a tutte le città in cui sono stati segnalati altri incidenti di questo tipo.
In attesa del rapporto più dettagliato da parte dei due inviati speciali Onu, giunge la notizia di un ennesimo massacro avvenuto venerdì nella periferia di Aleppo, costato la vita a 29 persone, di cui 19 bambini.
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