Grida di gioia, canti di vittoria e balli sfrenati. Ieri pomeriggi in piazza Tahrir un boato incredibile accoglieva l’annuncio del capo delle Forze Armate e ministro della Difesa, il generale Abdel Fattah al-Sisi, che annunciava un ultimatum di 48 ore a tutte le forze politiche del Paese per trovare una soluzione alla crisi politica in cui è immerso l’Egitto, dopo le manifestazioni di domenica che esigevano le dimissioni del presidente, Mohamed Morsi. “Se le richieste del popolo non vengono ascoltate nelle prossime 48 ore, sarà compito delle Forze Armate anunciare una road-map per il futuro”, affermava Fattah al-Sisi in un messaggio trasmesso dalla televione statale. “La gente ha espresso la sua volontà con una chiarezza senza precedenti nelle manifestazioni e perdere ancora tempo aumenterebbe solo il pericolo di divisioni e violenze”, ribadiva il generale nel comunicato.
Il ministro aveva già avvertito, la settimana scorsa, che l’esercito non sarebbe rimasto immobile se le nazione fosse caduta in un “oscuro tunnel di conflitto”, lasciando però in sospeso la posizione delle Forze Armate. Le dichiarazioni di ieri, al contrario, sono state prese da gran parte della popolazione come un messaggio di appoggio alle proprie rivendicazioni. In poco tempo, decine di migliaia di persone riempivano le strade delle principali città, mentre piazza Tahrir tornava ad essere l’epicentro delle mobilizzazioni di tutto il Paese.
Qui, i manifestanti si accalcavano letteralmente sui venditori ambulanti per accapararsi le bandiere egiziane e i cartellini rossi, diventati il simbolo della rivolta per espellere Morsi dal potere. “Amiamo il generale al-Sisi e il nostro esercito. Lui è con noi”, affermava Amany, una contabile di 40 anni, mentre sua madre e tutta la gente in piazza acclamavano gli elicotteri dell’esercito che sorvolavano Tahrir con enormi bandiere egiziane. Queste manifestazioni di simpatia verso l’esercito erano in contrasto con i fischi di disapprovazione con cui domenica scorsa venivano accolti gli stessi elicotteri che vigilavano il centro del Cairo.
Nelle ultime ore, poi, la crisi politica ha portato alle dimissioni di cinque ministri del governo – sebbene nessuno di loro appartenesse al circolo ristretto del presidente. In una lettera consegnata al primo ministro, i cinque membri del governo spiegavano come si sentissero vicini alle richiesta della piazza e contrari alla politica del presidente egiziano.
“Morsi e i Fratelli Musulmani non hanno ancora capito cosa sta succedendo e cercano di guadagnare tempo”, spiega Hani Raslan, analista del think-thank Al-Ahram Center for Political and Strategic Studies del Cairo. “Morsi non si dimetterà fino all’ultimo minuto. Ma la gente e l’esercito, insieme, lo faranno cadere”. Alcuni analisti interpretano ls proposta dell’esercito come la volontà di creare un governo di transizione composta da tecnici, che rimarrà in carica fino a nuove elezioni.
La complessità della soluzione politica si deve anche alla variegata composizione delle forze anti-Morsi, che vanno dai gruppi salafiti al Fronte di Salvezza nazionale coordinato da Mohamed El-Baradei, uno dei principali riferimenti dell’opposizione.
Intanto, alcune migliaia di simpatizzanti del governo rimanevano concentrati nei pressi della moschea Raba al-Adawiya, non molto lontano dal palazzo presidenziale, manifestando il loro appoggio al presidente e dichiarandosi indignati per gli episodi di violenza che nelle ultime 24 ore hanno causato l’incendio della sede principale dell’organizzazione dei Fratelli Musulmani del Cairo.
Quando il sole era ormai nascosto dietro gli edifici al di là del Nilo, il fragore delle vuvuzela e dei clacson inondavano piazza Tahrir, annunciando un’altra lunga notte di manifestazioni. “Morsi se ne deve andare”, gridava Ahmes Mohamed, un giovane impiegato del Banco del Cairo, che da quattro giorni è accampato nel centro della piazza. “Questo è l’Egitto”.