Continua la tensione nell’Amazzonia brasiliana e la strage di indigeni. Da inizio novembre ne sono stati uccisi cinque. L’ultima vittima è un 15enne, Erisvan Soares Guajajara, ucciso a coltellate e per il quale ora la famiglia chiede alle autorità che venga fatta “giustizia”. “Abbiamo bisogno che qualcuno si preoccupi con ciò che ci sta accadendo”, ha implorato il fratello della vittima, Luiz Carlos Guajajara.
I resti dell’adolescente morto, con ferite multiple e contusioni, sono stati trovati in un campo di calcio nella città di Amarante, nell’entroterra dello Stato di Maranhao. Accanto a lui c’era il cadavere di un uomo, non indigeno, di 31 anni. Secondo alcune versioni, i due corpi sono stati smembrati. La polizia militare ha riferito che sta indagando sul caso, che potrebbe essere collegato al traffico di droga, e ha escluso che il movente sia l’odio razziale.
Erisvan è stato il quarto indigeno dell’etnia Guajajara assassinato nel Maranhao dall’inizio di novembre. Un quinto indio è stato invece ucciso due settimane fa a Manaus, capitale dello Stato di Amazonas.
Secondo la Commissione Pastorale della Terra, un organismo collegato alla Conferenza episcopale brasiliana, il 2019 è stato l’anno più violento contro le comunità indigene dal 2008.
Quella degli indigeni sembra una strage impunita. “Un altro crimine brutale contro il popolo Guajajara”, ha detto Sonia Guajajara, della stessa tribù di Erisvan e coordinatore esecutivo dell’associazione brasiliana delle popolazioni indigene (Apib). “Tutti coloro ai quali non piacciamo si sentono autorizzati a uccidere perché conoscono le regole di impunità”.
Secondo una statistica del Cimi, Consiglio indigenista missionario, le uccisioni di indigeni già nel 2018 erano aumentate del 23 per cento. Le invasioni delle terre sono aumentate da quando, a inizio 2019, è stato eletto il nuovo presidente Jair Bolsonaro, che ha paragonato gli indigeni che vivono nelle riserve agli “uomini preistorici” e ha affermato che le loro terre dovrebbero essere sviluppate.
Erisvan viveva nella riserva indigena dell’Arariboia, decimata dai taglialegna. In una dichiarazione il governo dello stato di Maranhao ha dichiarato che le prime indagini suggeriscono che l’omicidio “non è stato motivato da odio, controversie legate alle terre o alla deforestazione nelle riserve indigene”. L’agenzia indigenista brasiliana Funai ha dichiarato che seguirà il caso.