“Ho ancora una relazione complicata con l’Italia, ma non la odio e ci tornerò presto. Se ho imparato qualcosa da questa esperienza, è che le persone vengono ingiustamente condannate ovunque. Parlo ancora facilmente italiano. Ho amici italiani, ma tanti italiani pensano ancora che io sia colpevole. Pensano ancora che io sia ‘Foxy Knoxy’ e una puttana”.
A parlare è Amanda Knox, intervistata a Oslo da una radio norvegese. La 31enne statunitense, prima condannata e poi assolta per l’omicidio di Meredith Kercher, a Perugia, nel 2007, ha raccontato qual è a distanza di 11 anni il suo rapporto con l’Italia e con i personaggi che ruotano attorno a quella terribile vicenda.
“So che il ritorno in Italia sarà traumatico – ha detto – Sono andata a vedere un film italiano a Seattle qualche tempo fa. Parlavano in dialetto napoletano. L’unica volta che ho sentito napoletano, ero in prigione. Mi batteva forte il cuore e sono dovuta uscire dal cinema”.
Nel corso dell’intervista, è stato dato molto spazio alla figura del procuratore di Perugia Giuliano Mignini, l’uomo che ha messo sotto accusa la Knox.
“Per capire cosa mi ha fatto, non mi sarebbe d’aiuto se dicessi che è solo un uomo malvagio – ha detto la 31enne americana – Avevo bisogno di capre che persona è. Ho scoperto dal documentario di Netflix sul mio caso che è padre di quattro figlie. Quando vide cosa accadde a Meredith, si identificò immediatamente con la sua famiglia e voleva trovare un responsabile a tutti i costi. Ma non si rendeva conto che quell’impulso di andare avanti lo stava anche mettendo in un tunnel. Lo rendeva incapace di vedere oltre il suo pregiudizio”.
“Non so se pensa ancora di aver fatto la cosa giusta – continua la Knox – l’ho visto solo nella stanza dell’interrogatorio e nell’aula del tribunale, ma sarei molto interessata a sedermi con lui per sentire se ha cambiato la sua opinione, se le convinzioni che aveva sul tipo di persona che sono, ora sono cambiate”.
Amanda ha parlato anche del suo rapporto con Raffaele Sollecito: “Lui è importante per me, ma ci conosciamo come sopravvissuti ad un evento molto traumatico. La nostra relazione è la peggiore esperienza della nostra vita. Quando ci vediamo tutti i brutti ricordi tornano a galla. Raffaele ha lavorato sodo per riavere la sua identità e per trovare la sua strada”.
“Poiché ero ‘Foxy Knoxy’ tutti mi odiavano, mentre lui era considerato nessuno. Nulla lo collegava a questo crimine, eppure il suo paese lo ha tenuto in prigione per quattro anni e sotto processo per otto. Non ci vediamo spesso, ma quando viene a Seattle cena con la mia famiglia. E quando andrò in Italia, lo vedrò sicuramente”.
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