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    “Ricostruiremo, ci riconcilieremo e ci riprenderemo”, la commovente poesia di Amanda Gorman | Testo e traduzione

    Amanda Gorman. Credits: Credit Image: © Europa Press/Contacto via ZUMA Press

    "Essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo; è il passato in cui entriamo e come lo ripariamo. Abbiamo visto una forza che avrebbe distrutto il nostro paese se avesse significato rinviare la democrazia. Questo sforzo è quasi riuscito. Ma se può essere periodicamente rinviata, la democrazia non può mai essere permanentemente distrutta. Ricostruiremo, ci riconcilieremo e ci riprenderemo. Anche quando abbiamo sofferto siamo cresciuti, anche quando ci siamo feriti abbiamo sperato e quando ci siamo stancati, ci abbiamo provato. Non ci faremo spingere indietro o piegare dalle intimidazioni perché sappiamo che la nostra inazione e la nostra inerzia diventeranno il futuro"

    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 21 Gen. 2021 alle 12:44

     

    Amanda Gorman, la poesia The Hill We Climb | Testo e traduzione italiano

    Alla cerimonia di insediamento del presidente Joe Biden, sui gradini del Capitol di Washington, Amanda Gorman ha incantato il mondo con la poesia The Hill We Climb. La giovane afro-americana di Los Angeles, ha catturato in versi lo storico momento della transizione dalla presidenza di Donald Trump a quella di Biden emozionando politici e decine di milioni di spettatori a casa. Echi di “Hamilton” e suggestioni rap hanno punteggiato la lettura della poesia scritta dopo le violenze dell’assalto al Congresso del 6 gennaio.

    A 22 anni Amanda Gorman è la più giovane poetessa che abbia mai recitato durante una cerimonia di insediamento presidenziale oltre a vantare il titolo di National Youth Poet Laureate, una sorta di Nobel per giovani scrittori americani. Con l’esibizione del 20 gennaio 2021, Gorman è entrata nella ristrettissima cerchia di poeti intervenuti in chiusura delle cerimonie di insediamento presidenziale: tra gli altri Robert Frost per John F. Kennedy, Maya Angelou per Bill Clinton e Richard Blanco per Barack Obama.

    Leggendo la poesia, la 22enne ha accennato alla sua personale esperienza di “ragazzina magra afro-americana cresciuta da una mamma single che sognava un giorno di diventare presidente e oggi recita all’insediamento di un presidente”. Un aspetto in comune con il presidente Biden, che da bambino era balbuziente: Amanda Gorman da piccola ha dovuto superare un difetto di pronuncia che le impediva ad esempio di scandire la “r” di “poetry“. A scegliere lei come poetessa per la cerimonia di inaugurazione è stata la neo First Lady Jill Biden che l’aveva di recente ascoltata durante una lettura alla Library of Congress.

    Amanda Gorman, poesia The Hill We Climb | Testo e (sotto) la traduzione in italiano

    When day comes we ask ourselves,
    where can we find light in this never-ending shade?
    The loss we carry,
    a sea we must wade
    We’ve braved the belly of the beast
    We’ve learned that quiet isn’t always peace
    And the norms and notions
    of what just is
    Isn’t always just-ice
    And yet the dawn is ours
    before we knew it
    Somehow we do it
    Somehow we’ve weathered and witnessed
    a nation that isn’t broken
    but simply unfinished
    We the successors of a country and a time
    Where a skinny Black girl
    descended from slaves and raised by a single mother
    can dream of becoming president
    only to find herself reciting for one
    And yes we are far from polished
    far from pristine
    but that doesn’t mean we are
    striving to form a union that is perfect
    We are striving to forge a union with purpose
    To compose a country committed to all cultures, colors, characters and
    conditions of man
    And so we lift our gazes not to what stands between us
    but what stands before us
    We close the divide because we know, to put our future first,
    we must first put our differences aside
    We lay down our arms
    so we can reach out our arms
    to one another
    We seek harm to none and harmony for all
    Let the globe, if nothing else, say this is true:
    That even as we grieved, we grew
    That even as we hurt, we hoped
    That even as we tired, we tried
    That we’ll forever be tied together, victorious
    Not because we will never again know defeat
    but because we will never again sow division
    Scripture tells us to envision
    that everyone shall sit under their own vine and fig tree
    And no one shall make them afraid
    If we’re to live up to our own time
    Then victory won’t lie in the blade
    But in all the bridges we’ve made
    That is the promise to glade
    The hill we climb
    If only we dare
    It’s because being American is more than a pride we inherit,
    it’s the past we step into
    and how we repair it
    We’ve seen a force that would shatter our nation
    rather than share it
    Would destroy our country if it meant delaying democracy
    And this effort very nearly succeeded
    But while democracy can be periodically delayed
    it can never be permanently defeated
    In this truth
    in this faith we trust
    For while we have our eyes on the future
    history has its eyes on us
    This is the era of just redemption
    We feared at its inception
    We did not feel prepared to be the heirs
    of such a terrifying hour
    but within it we found the power
    to author a new chapter
    To offer hope and laughter to ourselves
    So while we once we asked,
    how could we possibly prevail over catastrophe?
    Now we assert
    How could catastrophe possibly prevail over us?
    We will not march back to what was
    but move to what shall be
    A country that is bruised but whole,
    benevolent but bold,
    fierce and free
    We will not be turned around
    or interrupted by intimidation
    because we know our inaction and inertia
    will be the inheritance of the next generation
    Our blunders become their burdens
    But one thing is certain:
    If we merge mercy with might,
    and might with right,
    then love becomes our legacy
    and change our children’s birthright
    So let us leave behind a country
    better than the one we were left with
    Every breath from my bronze-pounded chest,
    we will raise this wounded world into a wondrous one
    We will rise from the gold-limbed hills of the west,
    we will rise from the windswept northeast
    where our forefathers first realized revolution
    We will rise from the lake-rimmed cities of the midwestern states,
    we will rise from the sunbaked south
    We will rebuild, reconcile and recover
    and every known nook of our nation and
    every corner called our country,
    our people diverse and beautiful will emerge,
    battered and beautiful
    When day comes we step out of the shade,
    aflame and unafraid
    The new dawn blooms as we free it
    For there is always light,
    if only we’re brave enough to see it
    If only we’re brave enough to be it

    Traduzione in italiano poesia The Hill We Climb, “La collina che stiamo risalendo”

    Quando arriva il giorno, ci chiediamo dove possiamo trovare una luce in quest’ombra senza fine?
    La perdita che portiamo sulle spalle è un mare che dobbiamo guadare.
    Noi abbiamo sfidato la pancia della bestia.
    Noi abbiamo imparato che la quiete non è sempre pace,
    e le norme e le nozioni di quel che «semplicemente» è non sono sempre giustizia.
    Eppure, l’alba è nostra, prima ancora che ci sia dato accorgersene.
    In qualche modo, ce l’abbiamo fatta.
    In qualche modo, abbiamo resistito e siamo stati testimoni di come questa nazione non sia rotta,
    ma, semplicemente, incompiuta.
    Noi, gli eredi di un Paese e di un’epoca in cui una magra ragazza afroamericana, discendente dagli schiavi e cresciuta da una madre single, può sognare di diventare presidente, per sorprendersi poi a recitare all’insediamento di un altro.

    Certo, siamo lontani dall’essere raffinati, puri,
    ma ciò non significa che il nostro impegno sia teso a formare un’unione perfetta.
    Noi ci stiamo sforzando di plasmare un’unione che abbia uno scopo.
    (Ci stiamo sforzando) di dar vita ad un Paese che sia devoto ad ogni cultura, colore, carattere e condizione sociale.
    E così alziamo il nostro sguardo non per cercare quel che ci divide, ma per catturare quel che abbiamo davanti.
    Colmiamo il divario, perché sappiamo che, per poter mettere il nostro futuro al primo posto, dobbiamo prima mettere da parte le nostre differenze.
    Abbandoniamo le braccia ai fianchi così da poterci sfiorare l’uno con l’altro.
    Non cerchiamo di ferire il prossimo, ma cerchiamo un’armonia che sia per tutti.
    Lasciamo che il mondo, se non altri, ci dica che è vero:
    Che anche nel lutto, possiamo crescere.
    Che nel dolore, possiamo trovare speranza.
    Che nella stanchezza, avremo la consapevolezza di averci provato.
    Che saremo legati per l’eternità, l’uno all’altro, vittoriosi.
    Non perché ci saremo liberati della sconfitta, ma perché non dovremo più essere testimoni di divisioni.

    Le Scritture ci dicono di immaginare che ciascuno possa sedere sotto la propria vite e il proprio albero di fico e lì non essere spaventato.
    Se vorremo essere all’altezza del nostro tempo, non dovremo cercare la vittoria nella lama di un’arma, ma nei ponti che avremo costruito.
    Questa è la promessa con la quale arrivare in una radura, questa è la collina da scalare, se avremo il coraggio di farlo.
    Essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo.
    È il passato in cui entriamo ed è il modo in cui lo ripariamo.
    Abbiamo visto una forza che avrebbe scorsso il nostro Paese anziché tenerlo insieme.
    Lo avrebbe distrutto, se avesse rinviato la democrazia.
    Questo sforzo è quasi riuscito.
    Ma se può essere periodicamente rinviata,
    la democrazia non può mai essere permanentemente distrutta.
    In questa verità, in questa fede, noi crediamo,
    Finché avremo gli occhi sul futuro, la storia avrà gli occhi su di noi.
    Questa è l’era della redenzione.
    Ne abbiamo avuto paura, ne abbiamo temuto l’inizio.
    Non eravamo pronti ad essere gli eredi di un lascito tanto orribile,
    Ma, all’interno di questo orrore, abbiamo trovato la forza di scrivere un nuovo capitolo, di offrire speranza e risate a noi stessi.
    Una volta ci siamo chiesti: “Come possiamo avere la meglio sulla catastrofe?”. Oggi ci chiediamo: “Come può la catastrofe avere la meglio su di noi?”.

    Non marceremo indietro per ritrovare quel che è stato, ma marceremo verso quello che dovrebbe essere:
    Un Paese che sia ferito, ma intero, caritatevole, ma coraggioso, fiero e libero.
    Non saremo capovolti o interrotti da alcuna intimidazione, perché noi sappiamo che la nostra immobilità, la nostra inerzia andrebbero in lascito alla prossima generazione.
    I nostri errori diventerebbero i loro errori.
    E una cosa è certa:
    Se useremo la misericordia insieme al potere, e il potere insieme al diritto, allora l’amore sarà il nostro solo lascito e il cambiamento, un diritto di nascita per i nostri figli.

    Perciò, fateci vivere in un Paese che sia migliore di quello che abbiamo lasciato.
    Con ogni respiro di cui il mio petto martellato in bronzo sia capace, trasformeremo questo mondo ferito in un luogo meraviglioso.
    Risorgeremo dalle colline dorate dell’Ovest.
    Risorgeremo dal Nord-Est spazzato dal vento, in cui i nostri antenati, per primi, fecero la rivoluzione.
    Risorgeremo dalle città circondate dai laghi, negli stati del Midwest.
    Risorgeremo dal Sud baciato dal sole.
    Ricostruiremo, ci riconcilieremo e ci riprenderemo.
    In ogni nicchia nota della nostra nazione, in ogni angolo chiamato Paese,
    La nostra gente, diversa e bella, si farà avanti, malconcia eppure stupenda.
    Quando il giorno arriverà, faremo un passo fuori dall’ombra, in fiamme e senza paura.
    Una nuova alba sboccerà, mentre noi la renderemo libera.
    Perché ci sarà sempre luce,
    Finché saremo coraggiosi abbastanza da vederla.
    Finché saremo coraggiosi abbastanza da essere noi stessi luce.

    Altre poesie di Amanda Gorman, la poesia In This Place (an American Lyric) | Testo e traduzione in italiano

    C’è una poesia in questo posto –
    nel ritmo dei passi, nei saloni,
    nel silenzio tranquillo dei sedili.


    È qui, al sipario del giorno,
    dove l’America scrive un verso
    che puoi solo sussurrare.

    C’è una poesia in questo posto –
    nella grazia possente, 
nel profilo di questo nobile edificio,
    dove i libri in fiamme son tornati già due volte.

    C’è una poesia a Boston’s Copley Square
    dove i canti di protesta squarciano l’aria
    come foglie di pioggia, dove l’amore di molti
    sa inghiottire l’odio di pochi.

    C’è una poesia a Charlottesville
    dove è stretto dalle torce tiki
    un anello di fiamme intorno al polso della notte
    dove gli uomini sono così bianchi che brillano di blu –
    sembrano statue -
 e accumulano cera per bruciare
    sempre più a lungo e in alto
    dove Heather Heyer
    fiorisce per sempre in un prato di resistenza.

    C’è una poesia nel grande gigante addormentato
    del lago Michigan, che rivolge con stizza
    a Milwaukee e Chicago la sua grande testa blu
    avvampando da un suolo di ghiaccio –
    ed è una poesia cominciata molto tempo fa,
    impettita, rampante ed ardente.

    C’è una poesia in Florida, nel Texas orientale
    dove le strade si gonfiano in un nesso
    di fiumi e le vacche galleggiano
    come boe screziate nel maggese,
    dove il coraggio è ormai così comune
    che Jesus Contreras, a 23 anni, salva la gente dalle alluvioni.

    C’è una poesia a Los Angeles, è stanca
    e il suo sbadiglio è una marea Pacifica
    ed è una madre sola mentre suda

    Per insegnare in un’auletta asfittica
    agli studenti neri e ispanici di Watts
    come esprimere i loro pensieri
    così che sua figlia possa scrivere
    questa poesia per te.

    C’è un foglio pieno di versi in California
    dove studenti a mille marciano per blocchi,
    senza documenti e senza più paura;
    dove la mia amica Rosa
    riesce a far breccia quando tutto è perso
    e la sua gente trova in lei un pilastro.

    
Lei sa che la speranza
    È una barca ancorata salda al molo,
    
ed è una verità: che non si può fermare un sognatore
    né abbattere un sogno.

    Come potrebbe questa non essere la sua città
    su nación
    
il nostro paese
    
la nostra America –
    Come potrebbe questo nostro romanzo americano da scrivere –
    una poesia del popolo, per il povero,
    il protestante, il musulmano, l’ebreo,
    il nativo, l’immigrato,
    il nero, il mulatto, il cieco, l’audace,
    il clandestino e l’incrollabile,
    
la donna, l’uomo, il non-binary,
    il bianco, il trans,
    non essere l’alleato di tutto questo
    e molto altro ancora?

    I tiranni temono il poeta.
    Ora che lo sappiamo
    non possiamo lasciarlo solo.
    Abbiamo il dovere 
di metterlo in mostra
    Senza sosta
    anche se 
fa male cucirselo addosso
    quando il mondo
    ci circonda.

    La Speranza
    dobbiamo concederla
    come uno stoppino al poeta
    
in modo che possa crescere, illuminata,
    portando con sé
    
storie da riscrivere –
    storia di una città del Texas impoverita ma non sconfitta
    storia scritta che non deve essere ripetuta
    nazione composta ma non ancora completata.

    C’è una poesia in questo posto…
    una poesia in America
    un poeta in ogni americano
    che riscrive questa nazione, che ci parla
    di una storia degna di essere raccontata per ogni granulo di terra
    capace di far sperare il palinsesto del tempo -


    C’è un poeta in ogni americano
    che sa che la nostra poesia è stata scritta a penna
    e dunque che è una poesia non ancora finita.
    C’è un posto dove questa poesia dimora –
    è qui, è ora, nel canto dorato della campana dell’alba
    dove scriviamo una poesia americana
    che stiamo appena iniziando a capire.

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