Alexander Zakharchenko, il capo dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk e dei ribelli filorussi nell’Ucraina orientale, è rimasto ucciso in un’esplosione avvenuta presso il bar Separ, situato nel centro della città.
La notizia è riportata da diversi media russi, tra cui Meduza, un giornale indipendente che si occupa di Russia, ma non è stata confermata ufficialmente.
Secondo una fonte dell’ufficio di Zakharchenko interpellata dall’agenzia di stampa russa Interfax, nell’esplosione è rimasto ferito anche un altro leader dei ribelli filorussi: il ministro delle Finanze dell’autoproclamata repubblica popolare, Aleksandr Timofeyev.
La polizia ha recintato l’area circostante il caffè e diverse ambulanze sono sul luogo dell’incidente.
Non si esclude che l’esplosione sia stata causata da un’autobomba.
Per i separatisti su tratterebbe di un attentato.
Il ministero degli Esteri russo ha accusato il governo di Kiev. “C’è ogni ragione di credere che dietro all’assassinio c’è il regime di Kiev», ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando la notizia della morte.
Nato a Donetsk nel 1976, Zakharchenko è stato un militare e politico ucraino di etnia russa.
Esponente del movimento separatista della comunità russa in Ucraina, dal 4 novembre 2014 è stato presidente dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk, di cui aveva già ricoperto la carica di primo ministro dal 7 agosto 2014.
Nel febbraio del 2015 ha rappresentato la Repubblica Popolare di Donetsk nelle trattative per la stipula del trattato di pace di Minsk II, dichiarando una vittoria per le repubbliche di Donetsk e di Lugansk, conseguentemente all’esito della battaglia di Debaltsevo.
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