Alexander van der Bellen è il nuovo presidente della Repubblica austriaca. Decisivo è stato il voto per corrispondenza. Fino a ieri, dopo il primo scrutinio, i due candidati erano testa a testa.
Norbert Hofer, leader del partito della Libertà (Fpoe) di estrema destra, prima del conteggio dei voti per corrispondenza si era attestato al 51,9 per cento dei voti, forte anche della maggioranza ottenuta al primo turno di queste presidenziali.
Alexander van der Bellen, professore 72enne, ex leader dei Verdi che correva come indipendente, aveva invece ottenuto il 48,1 per cento dei consensi.
Hofer, che aveva ottenuto la maggioranza alla prima tornata elettorale del 24 aprile scorso, sarebbe potuto diventare il primo capo di stato europeo di estrema destra.
Per la prima volta i due partiti centristi che hanno dominato la scena politica austriaca sin dalla fine della Seconda guerra mondiale sono fuori dalla corsa presidenziale.
I cittadini austriaci hanno perso fiducia nei partiti tradizionali di centrodestra e di centrosinistra, e la preoccupazione diffusa sulla questione migranti ha spinto molti elettori a sostenere l’estrema destra.
Al di là del risultato, chiaro è il segnale che emerge da queste elezioni presidenziali che hanno visto un’affluenza alle urne da record (71,8 per cento).
Metà della popolazione austriaca ha scelto un candidato ultra-nazionalista e un partito, considerato fino a qualche anno fa anti-sistema, promotore di politiche xenofobe e anti-europee.
La dimostrazione di forza della Fpoe ha de facto normalizzato la presenza di posizioni estremiste nel discorso politico nazionale (e internazionale), e rappresenta un monito da non sottovalutare: non solo per i partiti tradizionali austriaci, che dovranno affrontare ora una necessaria radicale trasformazione per sopravvivere alle prossime elezioni previste per il 2018, ma per l’intera Europa continentale.
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