Al Sisi: sui diritti umani “non accettiamo diktat europei”
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha dichiarato che l’Egitto non si piegherà ad alcun “diktat” europeo riguardo il rispetto dei diritti umani, mentre oggi inizia nell’aula bunker di Rebibbia il processo a carico di quattro dirigenti dei servizi di intelligence egiziani per il sequestro l’omicidio di Giulio Regeni.
Parlando al vertice dei paesi del gruppo di Visegrad tenuto a Budapest, il presidente egiziano ha dichiarato che “l’Egitto rispetta il proprio popolo e non si sottomette ad alcun diktat”. Un messaggio ripreso ieri da diversi quotidiani egiziani, tra cui le testate governative Al Ahram e Al Gomhuria.
“Non abbiamo bisogno che nessuno ci dica che i nostri standard sui diritti umani comportano violazioni. Sono responsabile di 100 milioni di anime, non è una cosa facile”, ha detto il presidente egiziano durante l’incontro tra i capi di stato e di governo di Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Secondo quanto riporta il quotidiano indipendente Al Masry Al Youm, al-Sisi “ha detto ai leader del vertice: avete a che fare con uno Stato che rispetta se stesso e rispetta pienamente la sua gente”, aggiungendo che “in Egitto c’è un potere che non si sottomette a nessun diktat” e che “i nostri amici europei” devono “capire cosa sta succedendo in Egitto”.
A settembre, al-Sisi aveva dichiarato che imporre all’Egitto una tutela dei diritti umani considerata valida nei paesi occidentali, rappresenta un “approccio dittatoriale”.
Secondo Human Rights Watch, sotto la presidenza dell’ex capo di stato maggiore al-Sisi l’Egitto sta attraversando “la peggiore crisi dei diritti umani da molti decenni”. Nel paese decine di migliaia di oppositori e dissidenti sono ancora incarcerati per ragioni politiche e vengono commessi con “impunità” reati gravi come la tortura e le sparizioni forzate, secondo l’ong statunitense.
Oggi a Roma si apre il processo per la scomparsa e l’omicidio di Giulio Regeni, ricercatore torturato e ucciso nel 2016 in Egitto, in cui sono imputati in contumacia quattro dirigenti dei servizi di sicurezza egiziana. Si tratta del generale Sabir Tariq e dei colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Le autorità egiziane non hanno mai fornito indirizzi utili a dare loro notizia degli atti del processo.
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