Al Baghdadi è morto, l’Isis ha un nuovo leader ma rischia di spaccarsi
Se il sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi è alla fine rimasto ucciso in un raid degli Stati Uniti, dopo esser stato dato per morto o ferito numerose volte, il “trono” vacante dell’Isis lascia tutti gli osservatori internazionali con una domanda inevasa: chi ne prenderà il posto?
Prima della sua morte, il dipartimento di Stato di Washington aveva indicato un possibile successore: un cittadino iracheno noto negli ambienti jihadisti con il nome di battaglia Hajji Abdallah. Non è detto però che questo riuscirà a impedire la frammentazione del gruppo, un fenomeno che potrebbe non rappresentare una buona notizia per l’Occidente.
L’ipotesi del governo degli Stati Uniti sembra trovare conferme anche in ambienti vicini all’estremismo jihadista, soprattutto dopo la morte del braccio destro dell’ormai ex califfo, il portavoce dell’Isis, Abu Hassan al-Muhajir, ucciso anch’egli in un altro raid statunitense condotto in Siria, al confine con la Turchia. Almeno un dissidente dell’Isis avrebbe infatti indicato proprio Amir Muhammad Sa’id Abdal-Rahman al-Mawla, noto anche come Hajji Abdallah o Abdullah Qardash, tra i possibili successori di al-Baghdadi.
Iracheno di origine turcomanna, un gruppo etnico turco residente nelle regioni dell’Iraq centro-settentrionale, Hajji Abdallah è una figura importante dell’Isis, avendo fatto parte di al-Qaeda in Iraq, da cui nel 2006 nacque il sedicente Stato Islamico dell’Iraq, poi estesosi nel 2014 anche alla Siria. L’uomo risulta inoltre legato al sedicente califfo da oltre 16 anni.
Al-Baghdadi è morto, chi è il nuovo leader
Comparso nel video diffuso dall’Isis ad aprile insieme ad al-Baghdadi proprio in qualità di uno dei più anziani ideologi del gruppo, il presunto futuro califfo ha contribuito a guidare e giustificare il rapimento, il massacro e il traffico di esseri umani ai danni della minoranza religiosa yazidi durante l’avanzata dell’Isis nel nord-ovest dell’Iraq.
Secondo il dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che quest’anno ha messo una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa, Hajji Abdallah ha diretto alcune delle operazioni condotte dal gruppo terroristico a livello globale. Inoltre, a causa della latitanza di al-Baghdadi, l’uomo avrebbe assunto la direzione operativa di una parte consistente delle operazioni dell’Isis già ad agosto.
Nato nel 1976 a Tal Afar, nell’estremo nord-ovest dell’Iraq, Hajji Abdallah ha conseguito una laurea in teologia islamica presso il Grand Imam College della Mosul University prima di unirsi all’esercito iracheno, dove è stato ufficiale nelle forze armate di Saddam Hussein. Nel suo curriculum, l’uomo vanta anche una detenzione presso il carcere di Camp Bucca, a Bassora, nel sud dell’Iraq, proprio durante la prigionia di al-Baghdadi, dove i due avrebbero stretto amicizia nel 2003.
Secondo l’analista ed esperto di gruppi armati iracheno, Fadhil Abu Ragheef, una volta entrato nell’organizzazione che ha poi dato vita al sedicente Stato Islamico, Hajji Abdallah, è rimasto fortemente influenzato dalla fazione cosiddetta degli “al-Afari”, un insieme di figure dell’estremismo religioso sunnita provenienti tutti da Tal Afar, tra cui figurano Bakr al-Afari, Haji Aman al-Afari e soprattutto Abu Alaa al-Afari, ex vice di al-Baghdadi, ucciso in un raid condotto a Mosul nel 2015 dalla coalizione internazionale.
Figlio di un predicatore della moschea di Furqan, a Mosul, il presunto futuro califfo si fregia anche del titolo di “professore”, in virtù della propria laurea in scienze religiose islamiche. Hajji Abdallah ha un figlio di nome Mohammed Sa’id, e due fratelli, un professore universitario di nome Amer Mohammed Sa’id, rimasto ucciso durante la guerra in Iraq, e un altro di nome Adel Mohammed Sa’id, attualmente residente in Turchia.
Al-Baghdadi è morto, c’è il rischio di una frammentazione
Proprio grazie alle sue presunte “conoscenze” teologiche, al-Baghdadi avrebbe inizialmente affidato al seguace la gestione degli “Affari religiosi” del gruppo, responsabile del “hisbah”, letteralmente la verifica del rispetto della pratica coranica. Questo avrebbe fatto di Qardash/Hajji Abdallah una sorta di “ispettore” all’interno dell’organizzazione. Con il tempo, l’uomo ha assunto anche la direzione dell’ufficio per l’Istruzione e l’Agricoltura dell’Isis, nonché il controllo di tutti i movimenti e le modalità di diffusione in Iraq del gruppo.
Nonostante lo spaventoso curriculum di Hajji Abdallah, l’esperto iracheno Fadhil Abu Ragheef sostiene che la direzione del terrorista iracheno incontrerebbe l’obiezione dei miliziani stranieri dell’Isis, che considerano questa scelta troppo “locale”. Un rapporto pubblicato ad agosto dall’Intelligence irachena sottolinea infatti che la scelta di Qardash/Hajji Abdallah rischia di riportare l’Isis a livello di organizzazione locale, dedita a pericolose azioni di violenza indiscriminata e ritorsioni contro i civili.
In un articolo pubblicato tre anni fa sul portale War on the Rocks, due studiosi avevano infatti denunciato il rischio di una frammentazione del sedicente Stato Islamico in tante cellule più piccole, ma agili e pericolose in caso il califfo fosse stato arrestato o ucciso. Nel video diffuso ad aprile, al-Baghdadi non cercava infatti soltanto di dimostrare la propria sopravvivenza, ma tentava anche di consolidare il proprio ruolo di leader, minacciato da una serie di critiche. A marzo, una figura di spicco dell’Isis, Abu Muhammad al-Hashimi, aveva pubblicato un libro in cui invitava i sostenitori del sedicente Stato Islamico ad abbandonare al-Baghdadi e a revocare il giuramento al califfo, considerato inadatto a guidare il gruppo. Nonostante l’opera abbia ricevuto diverse critiche dai sostenitori dell’Isis, dando il via a una campagna di rinnovamento del giuramento ad al-Baghdadi, i segnali sono stati tanto forti da impensierire il defunto leader, che temeva una frammentazione dell’organizzazione.
La morte del sedicente califfo e la possibile lotta per la successione potrebbero infatti comportare uno spostamento degli equilibri di potere all’interno del gruppo. La nomina di Qardash/Hajji Abdallah potrebbe quindi risultare valida soltanto per alcuni sostenitori dell’Isis. La decapitazione della leadership potrebbe infatti aver offerto al gruppo un nuovo inizio, un fenomeno già visto con i talebani, i cui vertici furono decapitati nel 2016 dall’amministrazione Obama, senza però riuscire a indebolire davvero l’organizzazione, che controlla ormai quasi metà dell’Afghanistan.
Solo il tempo dirà se combattere contro un’idra dalle cento teste sia meglio che affrontare un’unica organizzazione radicata su un territorio. Eppure la storia recente in Libia, Somalia, Nigeria e appunto Afghanistan, dove la frammentazione dei gruppi jihadisti storici dovuta proprio alla comparsa del sedicente Stato islamico non ha affatto diminuito la violenza, suggerisce che a pagarne il prezzo sono i civili, con attentati sempre più sanguinosi, in una macabra corsa a imporre la leadership di una fazione o di un singolo personaggio sulla scena terroristica internazionale.