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    I primi aiuti turchi per Gaza sono arrivati al porto israeliano di Ashdod

    In seguito alla firma dell'accordo del 27 giugno, la Turchia può consegnare aiuti alla popolazione palestinese nella Striscia di Gaza

    Di TPI
    Pubblicato il 4 Lug. 2016 alle 11:55 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:23

    L’ultima volta che aiuti umanitari turchi hanno provato a raggiungere Gaza, nel 2010, dieci attivisti avevano perso la vita. Si trovavano a bordo della Mavi Marmara, parte della Gaza Freedom Flotilla, che era stata assaltata dalle forze armate israeliane che intendevano bloccarli a qualunque costo. L’incidente causò una rottura difficile da sanare tra Ankara e Tel Aviv, ma nel corso degli ultimi mesi qualcosa è cambiato e il 27 giugno Turchia e Israele hanno firmato un accordo per la normalizzazione dei loro rapporti.

    Questo accordo consente alla Turchia di mandare aiuti a Gaza e di realizzare progetti infrastrutturali nella striscia. Così, domenica 3 luglio 2016, la nave Lady Leyla, battente bandiera panamense e con a bordo 11mila tonnellate di derrate alimentari, abiti e giochi provenienti dalla Turchia, è approdata al porto israeliano di Ashdod.

    Da lì, gli aiuti verranno trasportati via terra verso Gaza dove dovrebbero arrivare in tempo per i festeggiamenti che segnano la fine del mese sacro di Ramadan, l’Eid al-Fitr, che si celebra il 5 luglio.

    Il primo ministro turco Binali Yildirim ha riferito che Israele ha accettato di pagare circa 18 milioni di euro come risarcimento per l’uccisione dei dieci cittadini turchi, e le relazioni sembrano destinate a ricomporsi davvero, se non altro perché gli interessi strategici ed economici di Ankara e Tel Aviv in questo momento coincidono.

    Tuttavia – e malgrado le Nazioni Unite abbiano più volte levato critiche in merito –, Israele non intende mettere fine al blocco di Gaza perché lo ritiene necessario a evitare che Hamas riceva materiale militare.

    Hamas controlla la striscia da ormai dieci anni, da quando ha vinto le elezioni ed espulso la rivale Fatah, sfuggendo di fatto all’Autorità Palestinese.

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