Da quando il 6 luglio è stata diffusa sulle piattaforme di download per applicazioni, la nuova app Pokémon Go è ormai al centro di qualsiasi discorso, e sembra essere il vero tormentone estivo del 2016, avendo sbaragliato per impatto e popolarità qualsiasi avversario, senza contare l’effetto sui comportamenti di molti utenti improvvisamente impazziti per il gioco.
Per chi non ha idea di come funzioni la app, questo è più o meno quello che c’è da sapere: scaricando l’applicazione si ha accesso a una piattaforma di “realtà aumentata”, ovvero la possibilità, attraverso la propria fotocamera, di vedere sullo schermo dei personaggi e oggetti digitali come se fossero presenti nel mondo reale ripreso dall’obiettivo del telefono.
Questa possibilità viene quindi sfruttata dai giocatori, o “allenatori”, che come in un videogioco, possono spostarsi per le vie della propria città in cerca di Pokémon e “catturarli”, avanzando così nel gioco.
Se però per moltissimi giocatori l’idea di vagare per le vie della propria città guardando il proprio smartphone, apparentemente senz’altro da fare, non comporta nulla di pericoloso, nel caso di un cittadino statunitense di colore le cose possono andare diversamente.
Vista la frequenza con cui recentemente i cittadini afroamericani sono stati vittime di omicidi da parte della polizia, spesso dopo essere stati segnalati per “comportamenti sospetti” da altri cittadini bianchi, anche nei casi in cui non avevano con sé alcun’arma, persino muoversi a piedi per un quartiere può diventare un gesto rischioso.
Il blogger Omar Akil ha espresso questa opinione in un video diffuso da AJ+, in cui lo si vede camminare alla ricerca di Pokémon e descrivere le reazioni delle persone insospettite intorno a sé, concludendo col riflettere sul fatto che statisticamente parlando, giocare a Pokémon Go è qualcosa che per un afroamericano può voler dire rischiare la vita: