Dodici persone sono morte e altre 20 sono rimaste ferite in un attentato compiuto da un kamikaze nella città orientale di Jalalabad, in Afghanistan.
L’Isis ha rivendicato la responsabilità dell’attacco attraverso Amaq, l’agenzia di notizie dello Stato islamico.
Le vittime sono civili, la maggior parte dei quali appartengono alla minoranza religiosa dei sikh.
I sikh, come gli indù, rappresentano una esigua minoranza in Afghanistan, arrivando alle circa mille persone, e hanno spesso denunciato di essere vittime di comportamenti discriminatori, oltre che vittime di violenze.
In Afghanistan, la maggioranza della popolazione è costituita da musulmani, per lo più sunniti.
L’attentato ha avuto luogo poco dopo la fine di una visita in città del presidente afghano, Ashraf Ghani, secondo quanto riferito da Attaullah Khogyani, portavoce della provincia orientale di Nangarhar.
Nessuna organizzazione terroristica inizialmente aveva rivendicato l’attacco, anche se nella provincia di Nangharhar sono attivi sia i talebani che i membri dell’Isis.
I talebani hanno subito negato ogni responsabilità per l’attacco suicida.
Negli ultimi giorni sono susseguiti diversi attentanti in Afghanistan, molti dei quali nella provincia orientale di Nangarhar.
Il 16 giugno almeno 20 persone, tra militari delle forze di sicurezza e civili, sono rimaste uccise in un attentato terroristico rivendicato dall’Isis.
L’attacco era avvenuto in occasione della celebrazione del cessate il fuoco in vigore nel paese.
Il cessate il fuoco era stato decretato in occasione della festività musulmana di Eid Al Fitr, che conclude il mese del Ramadan e che avrebbe dovuto concludersi domenica 17 giugno.
È la prima volta dall’invasione americana del 2001 che i talebani non dichiaravano una tregua, anche se soltanto di pochi giorni.
La tregua di tre giorni era stata annunciata dai talebani afgani in occasione della festa di Eid al-Fitr ls fine del mese sacro del Ramadan.
La decisione dei talebani era giunta dopo la richiesta di una tregua da parte del presidente afghano Ashraf Ghani.
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