Il presidente russo Vladimr Putin ha sospeso tutti i voli da e verso l’Egitto. La decisione è stata presa dopo che gli investigatori britannici e statunitensi hanno comunicato che sarebbe stata una bomba a far precipitare l’Airbus 321 della compagnia russa Metrojet sulla penisola del Sinai.
Il blocco rimarrà in vigore fino a quando non verrà fatta maggiore chiarezza sulle cause del disastro, anche se Putin ha annunciato che i 45mila cittadini russi presenti sul territorio egiziano saranno rimpatriati quanto prima.
Intanto, nella giornata di venerdì 6 novembre, soltanto 8 dei 29 voli previsti per riaccompagnare in patria i 19mila turisti britannici attualmente bloccati a Sharm el-Sheikh sono decollati. I restanti 21 sono stati cancellati dalle autorità egiziane per questioni di sicurezza.
Attualmente gli investigatori stanno facendo alcuni test sui resti del velivolo, che sono stati portati in Russia per verificare se sono rilevabili tracce di esplosivo.
Il braccio dell’Isis in Sinai, Wilayat Sinai, ha rivendicato l’abbattimento dell’aereo sia nelle ore immediatamente seguenti all’incidente che nei giorni successivi.
L’Isis aveva reso noto in un comunicato che aveva abbattuto l’aereo in risposta ai bombardamenti russi che “hanno ucciso centinaia di musulmani nella terra di Siria”.
Nell’incidente sono morti tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio, per un totale di 224 vittime, quasi tutte di nazionalità russa. Il volo KGL9268 era partito dalla località turistica di Sharm el-Sheikh alle 5:51 del mattino di sabato 31 ottobre ed era diretto a San Pietroburgo, in Russia.
Le ipotesi formulate inizialmente dagli investigatori sulle cause dello schianto erano state sostanzialmente quattro:
– un errore umano;
– un guasto tecnico;
– l’abbattimento con un missile terra-aria;
– l’esplosione di una bomba a bordo.
Nelle prime ore, le varie teorie hanno di volta in volta guadagnato e perso credibilità, ma con il passare del tempo si sono delineate due linee interpretative principali. Da una parte Stati Uniti e Regno unito hanno iniziato a sostenere l’ipotesi della bomba a bordo, mentre dall’altra Russia ed Egitto hanno mostrato maggiore cautela.
Tre giorni dopo l’incidente, il portavoce del presidente russo Vladimir Putin aveva invitato a evitare “ipotesi inappropriate” e aveva detto che l’incidente aereo e la situazione in Siria erano “eventi appartenenti a dimensioni completamente diverse”.
Il presidente degli Stati Uniti Barak Obama ha dichiarato giovedì 5 novembre in un’intervista radiofonica che era possibile che la causa della distruzione del jet passeggeri russo fosse attribuibile davvero a una bomba.
Obama non si è spinto in là come David Cameron, che ha invece affermato più chiaramente che sarebbe “più probabile che improbabile che sia stata una bomba dei terroristi“ a causare la caduta del volo KGL9268 della Metrojet.
Alcune intercettazioni effettuate dall’intelligence statunitense e da quella britannica sembrano supportare la teoria della bomba a bordo dell’Airbus 321. Le indagini sono tutt’ora in corso e sarà necessario altro tempo per comprendere nei dettagli cos’è accaduto sabato 31 ottobre nei cieli della penisola del Sinai.
Sicuramente la conferma di una bomba a bordo sarebbe il primo concreto contraccolpo per l’impegno militare russo contro l’Isis in Siria.
Il tre novembre Vladimir Putin aveva affermato che “nessuno è mai stato capace di intimidire” il popolo russo e ribadito che l’obiettivo “della Russia in Siria come ovunque nel mondo è, prima di tutto, quello di combattere il terrorismo”.
Finora i cittadini russi non si erano opposti all’intervento militare voluto da Putin in Siria contro l’Isis. Tuttavia, in un sondaggio realizzato a ottobre, sebbene la maggior parte dei russi abbia dichiarato di sostenere gli attacchi aerei in Siria, circa il quaranta per cento si è detto preoccupato per i costi, sia in termini economici, sia in termini di perdite di vite umane che l’operazione potrebbe comportare.
Ma se l’ipotesi della bomba dovesse essere confermata, il presidente russo si troverà a dover affrontare l’opinione pubblica interna e a dover dare risposte ai parenti delle vittime.
Sul versante egiziano, il presidente ed ex generale Abd al-Fattah al-Sisi aveva dichiarato inizialmente che la rivendicazione dell’abbattimento era da considerare solo come “propaganda” dell’Isis.
Già negli anni passati il clima di insicurezza aveva portato a una diminuzione del turismo e l’eventuale conferma che l’Airbus 321 della Metrojet sia caduto a causa di un attentato potrebbe essere un nuovo colpo su un’economia già in crisi.
Solo in questi giorni ci sono 45mila turisti russi a Sharm el-Sheikh, che è una delle più popolari mete vacanziere per i cittadini russi, come ha spiegato Oleg Safonov, direttore dell’Agenzia di stato per il turismo di Mosca. In queste ore i turisti stranieri stanno lasciando in massa la località turistica sul Mar rosso.
Infine al-Sisi deve affrontare il problema degli scarsi risultati ottenuti nella lotta ai gruppi terroristici affiliati al sedicente Stato islamico in Egitto.
Il gruppo Ansar Beit al-Maqdis, che avrebbe rivendicato l’attentato al volo KGL9268 e ha preso il nome di Provincia del Sinai o Wilayat Sinai da quando nel novembre 2014 ha giurato fedeltà all’Isis, è attivo soprattutto nel nord del Sinai dal 2011. Da quando è affiliato al sedicente Stato islamico, il gruppo riceve da loro finanziamenti, armi e aiuto logistico.
L’esercito egiziano ha recentemente lanciato un’offensiva contro il braccio dell’Isis in Sinai, uccidendo un centinaio di militanti del gruppo dopo che questo, a partire dal luglio 2015, aveva condotto una serie di attacchi contro civili e polizia.
Se davvero si è trattato di una bomba, Russia ed Egitto avranno molti problemi da dover risolvere sul fronte interno e sul piano internazionale.
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