La battaglia per l’acqua, considerata ormai il vero e proprio oro blu, potrebbe trovare un nuovo fronte, quello dei contratti finanziari derivati. Ad oggi esistono contratti futures su quasi tutte le materie prime, dalle più conosciute e richieste come l’oro e il petrolio a risorse come il bestiame o il succo d’arancia, ma finora non esistevano ancora contratti derivati sull’acqua.
Presto però anche la risorsa più preziosa per la vita sarà oggetto delle fluttuazioni sui mercati finanziari, esponendola inevitabilmente alla speculazione. L’annuncio del Cme Group che, in collaborazione con il Nasdaq, nel quarto trimestre di quest’anno quoterà il nuovo contratto sulla piattaforma Globex, fa cadere uno degli ultimi tabù della finanza internazionale.
Preannunciata da anni dai maggiori operatori finanziari globali, la scelta del gruppo di Chicago, che almeno inizialmente interesserà soltanto il mercato statunitense e in particolare quello della California, si presenta come una svolta storica capace, a lungo termine, di produrre effetti significativi.
Pensato per gli enti pubblici e le imprese bisognose di gestire i rischi relativi alla scarsità di acqua in California, il nuovo contratto dipenderà dal Nasdaq Veles California Water Index, un indicatore dei prezzi idrici lanciato nel 2018 nello stato federato americano, un mercato che già vale almeno 1,1 miliardi di dollari.
Ogni future regolerà le transazioni di 10 piedi acri (oltre 12.334 metri cubi) di acqua e sarà regolato in base all’indice di riferimento. Ogni settimana, il Nasdaq Veles California Water Index (NQH20) stabilirà un prezzo a pronti per i diritti di sfruttamento dell’acqua, calcolato sulla media ponderata dei prezzi e in base al volume degli scambi nei cinque maggiori mercati idrici dello stato federato americano.
Sebbene il nuovo contratto sia stato progettato per il mercato californiano, le ambizioni del gruppo statunitense sono molto più ampie. “Con quasi due terzi della popolazione mondiale che dovrebbe affrontare la scarsità d’acqua entro il 2025, questa rappresenta un rischio crescente per le imprese e le comunità di tutto il mondo”, ha infatti spiegato Tim McCourt, responsabile degli indici azionari e dei prodotti di investimento alternativi a livello globale di Cme Group.
Ad oggi, gli investimenti nel settore idrico si concentrano principalmente sulle azioni e sulle infrastrutture, non avendo ancora raggiunto i mercati finanziari oggetto delle maggiori speculazioni a livello internazionale, come invece già accaduto per le materie prime agricole. Tuttavia, i cambiamenti climatici promettono di offrire agli investitori sempre nuove opportunità di guadagno.
Nella prospettiva degli operatori internazionali allargare il mercato dei derivati anche alle risorse idriche ha perfettamente senso: il settore ha bisogno di maggiori investimenti e questi strumenti permettono di ampliare i finanziamenti, proprio come già successo per l’agricoltura.
L’obiettivo dichiarato del Cme Group è quello di aumentare la “trasparenza sulla gestione di un’importante risorsa naturale” eppure l’evoluzione dei prezzi delle materie prime agricole negli ultimi vent’anni, non immuni alle dinamiche della speculazione, non fanno ben sperare.
Perché investire: i cambiamenti del clima e la scarsità di acqua
I cambiamenti climatici e il conseguente aumento delle temperature provocheranno, secondo gli ultimi modelli meteorologici, più frequenti e intense stagioni secche in tutto il mondo, in particolare nelle più importanti regioni agricole e forestali dell’Amazzonia, del Mediterraneo, delle aree meridionali dell’America centrale e settentrionale e dell’Africa centrale e meridionale, aumentando la scarsità idrica.
Questo fenomeno, denunciato per anni dagli ambientalisti, non riguarda un lontano futuro ma è già in atto. Secondo i rilevamenti della National Oceanic & Atmospheric Administration (NOAA) statunitense, lo scorso anno le temperature globali erano di 0,95 gradi centigradi superiori rispetto alla media del XX secolo, con una marcata differenza tra le terre emerse, più calde di 1,43 gradi rispetto alla media, e gli oceani, la cui temperatura era cresciuta “solo” di 0,77 gradi.
Questo contrasto tra i cambiamenti di temperatura sui vari continenti e nei mari potrebbe interessare lo sviluppo futuro del clima e delle società umane. In particolare, secondo alcuni studiosi americani, la variabilità delle precipitazioni potrebbe influenzare il ciclo idrologico, con una possibile diminuzione delle fonti d’acqua continentali che alimentano le piogge, con importanti implicazioni per gli esseri umani.
La scarsità d’acqua crea infatti gravi problemi alle varie comunità del mondo, che necessitano di forti investimenti nel settore idrico. Secondo le Nazioni Unite, oltre 2 miliardi di persone vivono in Paesi “sottoposti a un forte stress idrico”, mentre quasi due terzi della popolazione mondiale deve affrontare gravi carenze d’acqua per almeno un mese all’anno. Inoltre, l’Unicef prevede che, “entro il 2040, un bambino su quattro – circa 600 milioni di minori in tutto – vivrà in aree sottoposte a stress idrico estremamente elevato”.
Le fosche previsioni climatiche e la mancanza di investimenti nei principali Paesi interessati dal problema aumentano così i rischi economici legati alla progressiva scarsità di acqua, alimentando sempre più gli appetiti del mercato.
“Dare un prezzo” all’acqua
Uno dei principi fondamentali dell’economia recita che ogni risorsa scarsa deve avere un prezzo. Se l’acqua è scarsa in alcuni contesti, a causa della siccità o di una ridotta qualità delle infrastrutture e/o delle riserve, allora anch’essa dovrà essere sempre più soggetta alle fluttuazioni della domanda e dell’offerta, in base alle possibilità di approvvigionamento.
Fino ad oggi il problema è stato affrontato per lo più dagli Stati e soprattutto dal punto di vista delle tariffe dei servizi di fornitura idrica e per lo smaltimento delle acque reflue, con il duplice obiettivo di aumentare l’offerta e incoraggiare il risparmio e uno sfruttamento più responsabile di questa risorsa.
La novità dettata dallo “sbarco” dell’acqua sui mercati dei derivati riguarda invece una valutazione legata direttamente alla sua disponibilità e non alla gestione di un servizio mirante a distribuire una risorsa pubblica. L’indice NQH20, costruito dal Nasdaq in collaborazione con Veles Water e WestWater Research e da cui dipenderà il nuovo future del Cme Group, si basa infatti sulle transazioni dei diritti di sfruttamento delle acque superficiali della California e di quattro locali bacini idrici sotterranei selezionati.
Se, come nota una recente ricerca dell’Università di Oxford, il prezzo dell’acqua non è quasi mai uguale al suo valore e raramente ne copre i costi di gestione, affidare questa risorsa alle dinamiche del mercato rischia di influenzarne il prezzo a livello globale, come già successo per le materie prime agricole.
L’esempio delle materie prime agricole e l’impatto sul mercato
La negoziazione sui mercati finanziari delle materie prime alimentari non è certo una novità. Sin dalla fine del XIX secolo, in giro per il mondo sono nati vari indici e borse dedicate, le più importanti negli Stati Uniti, in Giappone e in Cina, segnando l’avvio di una nuova fase del commercio alimentare mondiale.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), il processo di integrazione dei mercati globali ha portato, sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, a 50 anni di progressiva riduzione dei prezzi delle materie prime agricole nel mondo e a un aumento della produzione di cibo. Tuttavia, a partire dal 2003, l’accresciuta volatilità su questi mercati ha influenzato i prezzi, con il rischio di favorire la fame nel mondo. Non a caso, proprio negli ultimi vent’anni si sono moltiplicati gli strumenti finanziari a disposizione degli speculatori su queste materie prime.
La Commissione europea ha in parte attribuito l’aumento della volatilità alle conseguenze della speculazione a livello internazionale, mirante alla diversificazione dei portafogli degli investitori e quindi alla gestione dei rischi finanziari. Inoltre, secondo l’Ong britannica Global Justice Now, dal 1996 la quota detenuta dagli speculatori sui mercati degli alimenti di base come il grano è aumentata dal 12 al 61 per cento, influenzando i prezzi.
Sebbene non vi sia accordo tra gli economisti sul reale ruolo della speculazione sulle dinamiche di questi mercati, la sua azione, unita ai cambiamenti ambientali e climatici e agli sviluppi socioeconomici e demografici nel mondo, che presumibilmente agiranno in maniera simile anche sulla domanda e sull’offerta di acqua, può produrre implicazioni significative per la sicurezza alimentare.
Secondo la Fao, questi mercati sono mossi soprattutto dagli shock meteorologici, dalla crescita economica dei Paesi in via di sviluppo che aumenta la domanda a livello globale, dalla progressiva diversificazione della dieta umana, dall’aumento dei costi di produzione, dall’incertezza sui mercati energetici e dei fertilizzanti e dal calo della resa delle colture cerealicole.
Tutti questi fattori alimentano l’incertezza sulla disponibilità delle materie prime per gli operatori finanziari. Lungi dal rappresentare il male assoluto quindi, la speculazione e la volatilità dei mercati dei derivati agiscono come un moltiplicatore di questi fattori, spingendo inevitabilmente i prezzi al rialzo o al ribasso, secondo logiche che spesso poco hanno a che fare con la domanda reale di cibo.
Le possibili conseguenze politiche e umanitarie
Il rischio di una mercificazione dell’acqua, trasformata da bene pubblico in risorsa commerciabile, può produrre effetti negativi non solo dal punto di vista umanitario ma anche politico. Secondo le Nazioni Unite, in linea con l’attuale scenario dei cambiamenti climatici, entro il 2030 la scarsità d’acqua in alcuni luoghi aridi e semi-aridi provocherà tra i 24 e i 700 milioni di sfollati in tutto il mondo, andando a ingrossare le fila dei rifugiati e dei richiedenti asilo per motivi ambientali.
Questa mappa elaborata dalla Fao offre ad esempio una rappresentazione (in rosso) dei livelli di scarsità idrica dei principali bacini idrologici intorno al Mediterraneo, indicando (in viola) i principali sistemi agricoli a rischio e le regioni con la maggiore scarsità di suolo e acqua.
La gran parte delle aree indicate ospita già milioni di sfollati e rappresenta i punti di partenza e di transito dei principali flussi migratori verso l’Europa. Se i movimenti di persone da queste nazioni sono già giustificati da diversi fattori economici, politici, sociali, ambientali e religiosi, i nuovi disastri ecologici causati dai cambiamenti climatici potrebbero contribuire a ingrossare ancor di più queste cifre. Secondo la Banca mondiale infatti, il numero di persone che emigrano per motivi ambientali potrebbe arrivare a 143 milioni entro il 2050, di cui 126 milioni provenienti proprio dall’Africa sub-sahariana e dall’Asia meridionale.
Nonostante le ambizioni di migliorare il finanziamento del settore idrico, fronteggiando i crescenti rischi economici legati alla progressiva scarsità di acqua, è possibile che lo sviluppo di contratti finanziari derivati su questa preziosissima risorsa stimoli gli appetiti degli speculatori e provochi un trend rialzista sui prezzi, che potrebbe aumentare invece di risolvere i problemi nel settore. In ogni caso, l’apertura di questo nuovo segmento dei mercati finanziari arriva in un certo senso a “monetizzare” l’acqua, una risorsa naturale essenziale per tutti gli esseri viventi, che invece dovrebbe figurare tra i diritti umani più basilari.
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