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    Nel mondo oltre 2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile

    Entro il 2050 la popolazione mondiale la domanda globale di acqua potrebbe essere superiore del 30 per cento rispetto a oggi

    A Città del Capo, in Sudafrica, la popolazione presto potrebbe rimanere senza acqua. Ecco alcuni dati

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 22 Mar. 2018 alle 12:44 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:06

    Nel mondo ci sono 2,1 miliardi di persone che non hanno accesso a servizi di acqua potabile gestiti in sicurezza. Entro il 2050, la popolazione mondiale sarà cresciuta di circa 2 miliardi di persone e la domanda globale di acqua potrebbe essere superiore del 30 per cento rispetto a oggi.

    L’acqua contaminata può trasmettere malattie come la diarrea, il colera, la dissenteria, il tifo e la polio ed è responsabile di almeno 502mila morti per diarrea ogni anno. Secondo Amref, ong per la tutela della salute in Africa, con misure adeguate, si potrebbe evitare ogni anno la morte di 361mila bambini al di sotto dei 5 anni di età. 

    A Città del Capo, capitale del Sudafrica, presto potrebbe non esserci più acqua, come fa notare Amref in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua, il 22 marzo 2018.

     “Attualmente la situazione rimane difficile”, osserva Vusi Ntuli, responsabile dell’area programmi di Amref in Sudafrica. “La pressione dell’acqua dalle dighe è stata ridotta, così da centellinare quella che arriva alle persone. Il Comune trasporta l’acqua nelle comunità, la fa confluire in cisterne e le persone possono raccoglierla con contenitori grandi dai 5 ai 20 litri”.

    “La vita della popolazione è completamente stravolta”, racconta Ntuli, sottolineando che “moltissime persone non hanno accesso ai pozzi, specialmente la popolazione nera, la maggioranza, che tutt’oggi resta la fetta di popolazione più povera”.

    Tra le cause all’origine di questa situazione, il responsabile Amref ricorda che il Sudafrica “non è un paese piovoso” ma rimarca anche che “durante la stagione delle piogge, non c’è alcun piano, alcuna iniziativa, volta a conservare l’acqua piovana per utilizzi futuri”.

    Un altro problema riguarda le abitudini delle persone: un utilizzo improprio della risorsa idrica non è punito dalla legge e chi ha accesso gratuito all’acqua non ha cura di conservarla per utilizzi futuri”.

    “Molte comunità e famiglie non hanno a disposizione cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, che possa ammortizzare gli effetti della siccità, quando questa si abbatte sul Paese. Moltissime persone non hanno neanche accesso a pozzi, specialmente la popolazione nera, la maggioranza, che tutt’oggi è la fetta di popolazione più povera”, spiega Ntuli. 

    “Il rischio che stiamo affrontando in Sudafrica è emblematico di quello che potrà accadere in Africa”, dice il responsabile Amref.

    Il paese combatte contro la carenza di acqua, il mancato accesso a fonti idriche sicure e a servizi igienico sanitari, perché l’esito di questa battaglia è una chiave di volta fondamentale per garantire la lotta alle malattie, lo sviluppo e l’autodeterminazione delle popolazioni più svantaggiate.

    Secondo le stime globali Unesco, entro il 2050, tra i 150 e i 200 milioni di persone saranno sfollati a causa di siccità, inondazioni e uragani. 

    Inoltre, si calcola che 263 milioni di persone trascorrono 30 minuti al giorno per andare a raccogliere l’acqua da strutture idriche sicure. La maggioranza di esse sono donne: la mancanza di acqua potabile e di servizi igienico-sanitari infatti ha un impatto negativo soprattutto sulla salute e lo sviluppo delle ragazze, spesso responsabili dell’approvvigionamento idrico domestico.

    Le donne camminano per lunghe distanze trasportando pesanti secchi, pieni della preziosa risorsa. Questo le espone a rischi quotidiani, tra cui rapimenti e stupri (e conseguenti matrimoni forzati), nonché ad aborti spontanei o attacchi di animali selvaggi.

    Oltre a ciò, questa attività toglie loro tempo prezioso che potrebbero impiegare nell’istruzione, o per occuparsi dei loro figli e impegnarsi in attività produttive. 

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