Le fazioni in guerra in Sud Sudan dal 2013 hanno trovato un accordo per un cessate il fuoco. L’accordo è stato siglato ad Addis Abeba, in Etiopia, e sarà effettivo dalla vigilia di Natale.
L’intesa tra le parti prevede anche che venga garantito l’accesso agli aiuti umanitari nelle aree maggiormente dal conflitto.
Dopo oltre quattro anni di guerra civile, è difficile contare il numero effettivo di morti nel corso del conflitto, che potrebbero essere centinaia di migliaia. Sicuramente oltre un milione e mezzo di persone hanno lasciato il paese e oltre due milioni hanno dovuto spostarsi all’interno del Sud Sudan. Questi numeri mostrano come la crisi umanitaria sia una delle più gravi attualmente in corso.
Gli Stati Uniti hanno definito questo accordo “l’ultima possibilità per mettere in piedi un processo di pace”. Già in passato c’erano stati tentativi di pacificazione, ma regolarmente le violenze avevano fatto naufragare ogni possibile accordo. Per questo le pressioni della comunità internazionale verso le fazioni in lotta in Sud Sudan si sono fatte sempre più forti, al punto che Washington ha minacciato di mettere in campo nuove sanzioni.
“Questo accorto è un regalo al popolo del Sud Sudan per celebrare il Natale e l’anno nuovo. Il regalo più prezioso di tutti i tempi” ha dichiarato Workineh Gebeyehu, ministro degli Esteri dell’Etiopia, durante la firma dell’accordo. Tuttavia lo stesso ministro, che ha fatto da mediatore nel processo che ha portato al cessate il fuoco, ha notato come ci siano ancora numerosi aspetti critici da risolvere.
L’accordo, oltre a interrompere le ostilità, invita le parti al rilascio dei prigionieri di guerra e i bambini e le donne fatti prigionieri nel corso di violente campagne che hanno portato al sistematico uso della violenza sessuale e del reclutamento di bambini soldati.
L’Etiopia, il cui ruolo nell’accordo è stato determinante, ha definito l’accordo come “l’alternativa finale”, il cui fallimento porterebbe a conseguenze tali per cui il resto dell’Africa e del mondo “non resterà seduto oziosamente”.
Il paese è precipitato in una guerra tra opposte fazioni nel dicembre 2013, appena due anni dopo aver raggiunto l’indipendenza dal Sudan. In quell’occasione le forze fedeli al presidente Salva Kiir, di etnia Dinka, hanno iniziato a combattere contro quelle dell’ex presidente Riek Machar, di etnia Nuer.