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    5 canzoni per ricordare Prince

    Il genio della musica che segnò da protagonista gli anni Ottanta e non solo è morto il 21 aprile 2016 all'età di 57 anni

    Di Guglielmo Latini
    Pubblicato il 22 Apr. 2016 alle 10:39 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 03:04

    Per quanto sembri strano, il nome Prince (“principe”) non rientrava tra i tanti vezzi tendenti alla megalomania che il cantante diMinneapolis ha assunto durante la sua carriera. No: Prince Roger Nelson era il suo vero nome, e per uno strano caso del destino, nessun altro appellativo poteva essere più appropriato per quest’artista.

    Geniale, raffinato, altezzoso, perverso, egocentrico,inconoscibile… Tutti aggettivi che lo hanno reso il principe della musica mondiale dai primi anni Ottanta in poi, quando comparve sulla scena per segnare un intero decennio con la sua arte diversa da tutto il resto.

    È difficile rendersi conto al giorno d’oggi di quanto la figura di Prince abbia potuto segnare una generazione, quella che a metà del decennio reaganiano era adolescente, ma per chi allora c’era non sarà difficile ricordare di come fossero pochissimi altri i nomi che dominarono le classifiche quanto lui, mantenendo allo stesso tempo i critici in estasi.

    Michael Jackson era la sua controparte più accettabile peril grande pubblico (nonostante sulla “normalità” di Jackson si potrebbero scrivere libri): più infantile, più innocente, più buono (basti pensare al progetto collettivo di We are the World,al quale Prince non partecipò).

    Prince era invece l’altra faccia di quegli anni Ottanta, e per i giovani dell’epoca significava sensualità, trasgressione, confusione tra generi, rottura di ogni possibile categorizzazione: uomo/donna, popstar/rockstar, bianco/nero…

    Al riguardo, è rimasto celebre il duetto tra Spike Lee e John Turturro in Fa’ la cosa giusta (1989), il capolavoro del regista afroamericano: nel film, Mookie, il personaggio interpretato da Lee, interroga il suo datore di lavoro, l’italoamericano razzista Pino, su quali siano i suoi più grandi idoli.

    “Chi è il tuo giocatore di basket preferito?” “Magic Johnson”. “Il tuo attore preferito?” “Eddie Murphy”.“E il tuo cantante preferito? Prince! Sei un fan di Prince”. Al che, il razzista colto in fallo prova a rispondere “No, no, è Bruce…” (intendendo Springsteen), ma poi deve ammettere: “È differente: Magic, Eddie, Prince… Loro non sono soltanto neri. Insomma: sono neri ma non sono soltanto neri… Sono più che neri, è diverso”.

    Un riassunto in poche battute non solo della stupidità del razzismo, ma anche del modo in cui Prince era riuscito in quegli anni, nonostante un’immagine totalmente ambigua e fuori dagli schemi, a conquistare fan nelle schiere più inaspettate.

    Il leggendario trombettista Miles Davis una volta sintetizzò bene la sua figura: “Un misto tra Jimi Hendrix, James Brown, Marvin Gaye e Charlie Chaplin. Come fai a sbagliare con questo mix?”. E in effetti un ipotetico frullato di questi grandi nomi darebbe come risultato proprio l’artista di Minneapolis: un guitar hero senza paragoni proprio come Hendrix; uno showman formidabile e funky quanto il suo predecessore James Brown; un cantante dalla voce vellutata come il re del soul Marvin Gaye, e allo stesso tempo una figura piccola, stralunata e elastica come Charlot, appartenente anch’egli più al mondo della fantasia che a quello della realtà.

    Eppure nella realtà Prince era ben radicato, se è vero chele sue canzoni sprizzavano sensualità da ogni nota, e fu a causa sua se tuttora abbiamo gli adesivi Parental Advisory:Explicit Lyrics sugli album che contengono un linguaggio considerato oltraggioso.

    Tutto perché Tipper Gore, moglie del vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore, dopo aver sentito la figlia adolescente che ascoltava il pezzo di Prince Darling Nikki, mise in piedi un comitato per chiedere al parlamento americano di censurare le canzoni pop in grado di traviare le fragili menti dei giovani americani.

    Da quando quest’icona è stata trovata senza vita nel suo studio di registrazione musicale di Minneapolis a soli 57 anni, la cosa migliore da fare è probabilmente ricordarlo proprio attraverso l’incredibile energia vitale che ogni suo brano sprigionava.

    Ecco quindi 5 pezzi di Prince (o scritti da Prince) che hanno segnato la musica degli ultimi decenni:

    PURPLE RAIN (1984)

    Scelta inevitabile per la canzone che anche i meno appassionati della sua musica conoscono: 8 minuti e più per una ballata struggente che fonde rock, gospel, un’interpretazione vocale strabiliante e un assolo di chitarra (suonato oltretutto dal vivo) tra i più epici del suo repertorio. Nessuno ha mai capito cosa rappresentasse la “pioggia viola” del titolo, ma in fondo cosa importa, con una canzone così?

    KISS (1988)

    Uno dei pezzi più minimalisti di Prince, e la dimostrazione di come anche con una base musicale ridotta all’osso, il “folletto diMinneapolis” potesse ormai permettersi di sfornare una hit mondiale e un classico delle piste da ballo per i decenni successivi. Un concentrato di sensualità ed energia in un falsetto che per tutta la canzone sembra sull’orlo del baratro senza invece spezzarsi mai.

    LITTLE RED CORVETTE (1983)

    La prima vera grande hit di Prince e un prototipo del suono del pop anni Ottanta, tra sintetizzatori ingombranti (ma in questo caso assolutamente appropriati), batteria elettronica e una voce stratificata e piena di effetti. Prince racconta di un’avventura di una sera con una ragazza che, incredibilmente, si dimostra più esperta e disincantata di lui a livello sentimentale, lasciandolo a fare riflessioni poco attese come: “Avrei dovuto capire dal fatto che hai parcheggiato la macchina di traverso che tra noi non sarebbe durata”.


    Prince – Little Red Corvette di mobiletech07

    LET’S GO CRAZY (1984)

    Uno dei pezzi più scatenati e ballabili di Prince, che dopo un’introduzione parlata a mo’ di predicatore evangelico su un tappeto di sintetizzatori, si lancia in un rock chitarristico sfrenato che mantiene le promesse del titolo.

    NOTHING COMPARES 2 U (1985/1990)

    L’uso del 2 per “to” e di u per “you” potevano essere un buon indizio, ma forse non tutti sanno che la più grande hit della cantante irlandese Sinéad O’Connor, che nel1990 sbancò le classifiche con questa ballata commovente, è stata inaspettatamente scritta proprio da Prince. Nel 1985 infatti il pezzo era stato scritto per un gruppo prodotto da Prince, The Family, che però non ebbe quasi alcun successo. Cinque anni dopo, la giovane cantautrice riarrangiò il pezzo riflettendo nell’interpretazione struggente il lutto per la perdita di sua madre, e il video che accompagnò la canzone contribuì a renderla indimenticabile.


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