L’economia cinese rallenta, anche se non di molto: il Pil di Pechino nel 2016 è cresciuto solo del 6,7 per cento, contro il 6,9 per cento dell’anno precedente.
Si tratta del dato più basso dal biennio 1989-1990 quando le proteste nel paese culminate nei fatti di piazza Tienanmen innescarono una serie di ripercussioni politiche ed economiche.
La frenata dell’economia cinese, però, non causa preoccupazioni solo a Pechino ma anche tra gli investitori stranieri, dato che la Cina è per le sue dimensioni un tassello chiave nell’economia globale.
Il gigante asiatico è il secondo maggior importatore di beni e servizi, perciò la sua performance economica ha un impatto considerevole in tutto il mondo.
I rapporti commerciali tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina saranno uno dei fattori che influenzeranno lo stato dell’economia cinese nei prossimi anni.
Sull’affidabilità dei dati economici forniti da Pechino, c’è chi osserva come nel corso degli anni la Cina abbia in realtà gonfiato i numeri economici.
Una conferma a queste ipotesi è arrivata proprio questa settimana da Chen Qiufa, governatore della provincia di Liaoning, che ha ammesso la “correzione” dei numeri tra il 2011 e il 2014.
Tuttavia, il direttore dell’istituto nazionale di statistica cinese ha assicurato che i dati sono “reali e affidabili”.
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