Se c’è una cosa che mi dà fastidio, quando lavoro, sono le notizie che hanno le gambe corte eppure gli si dà vita lunga. Mi riferisco a tutte quelle sparate e dichiarazioni ad effetto che sono palesemente false, o non suffragate da prove sufficienti, e sulle quali invece si costruiscono titoli a nove colonne.
Le news di pinocchio, come le chiamo io. Un esempio? La storia secondo cui Abu Bakr al Baghdadi, il califfo dell’Isis, sarebbe fuggito da Mosul mischiandosi ai civili in fuga. Quando me l’hanno riferita ho subito pensato al mullah Omar, il leader dei talebani afghani, di cui si disse – nel 2001, dopo l’11 settembre e dopo l’attacco lanciato dagli Usa sull’Afghanistan che ospitava Bin Laden – che era fuggito da Kandahar in sella ad una moto.
Eppure nessuno l’aveva visto né aggiungeva dettagli utili. Ma questo non ha fatto desistere i culi di pietra che gremiscono le redazioni di giornali e tv – quelle italiane, di sicuro – che non si sono fatti scrupoli nello sparare quella notizia, dandola quanto meno per verosimile.
Stessa storia per Abu Bakr al Baghdadi. Ogni giorno c’è qui al fronte qualche politico o generale, iracheno o curdo, che dice la sua sul califfo dell’Isis, assicurandone la presenza a Mosul oppure annunciandone la partenza.
È ovvio che si tratta di sparate, buone solo ad ottenere spazio sui media. Ma c’è chi ci crede. Anzi, nell’era della rete e dei social network, va ancora peggio: perché i siti web, che hanno bisogno di rinnovare l’homepage in continuazione, non stanno tanto a pesare l’attendibilità delle notizie che arrivano; ma giornali e tv si sentono obbligati a ricorrere queste stupidaggini come fossero notizie vere.
Intanto Abu Bakr al Baghdadi ringrazia. Tanto che si parli di lui non può che fargli piacere. Ne accresce il mito e ne perpetua l’appeal. E se per farlo bisogna ricorrere a qualche leggenda, perché stupirsi? A’ la guerre comme a la guerre.
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