Nel 2013 ci sono stati 10mila attentati terroristici che hanno causato 18mila vittime. Questo è ciò che emerge dal Global Terrorism Index 2014, rapporto pubblicato dall’Insitute for Economics and Peace (Iep).
Il 66 per cento di questi attentati è stato compiuto dai gruppi jihadisti dell’Isis, di Al Qaeda, di Boko Haram e dei guerriglieri talebani, gruppi che, a detta del rapporto, “ricorrono a ideologie basate su interpretazioni estreme dell’Islam wahabita”.
Il Paese che ha pagato più caro il prezzo del terrorismo è stato l’Iraq, dove sono morte 6.300 persone: circa un terzo di tutte le vittime del terrorismo del 2013. Se all’Iraq si aggiungono poi la Siria, l’Afghanistan, il Pakistan e la Nigeria, i morti salgono allora a 15mila: oltre l’80 per cento del totale.
“Con la destabilizzazione della Siria, che è ora dilagante anche in Iraq, abbiamo notato il rapido aumento del terrorismo” ha detto Steve Killea, presidente dell’Iep, commentando i numeri del rapporto.
La destabilizzazione di questi Paesi è una possibile spiegazione del trend con cui il terrorismo è cresciuto negli ultimi anni: se nel 2000 – l’anno prima degli attentati dell’11 settembre e dell’inizio della guerra al terrorismo – le vittime di attacci terroristici sono state poco più di 3mila, nel 2012 sono state oltre 11mila, fino a raggiungere le 18mila nel 2013.
A pagare caro il prezzo del terrorismo sono anche i bambini. Il capo delle operazioni umanitarie dell’Onu, Valerie Amos, ha notato che “nel 2014 in Iraq si ritiene che siano stati uccisi o mutilati 700 bambini” e che “5,2 milioni di persone hanno bisogno di aiuto, gli sfollati dall’inizio del 2014 sono oltre 2 milioni, di cui la metà bambini”.
Questo rapporto è arrivato a pochi giorni di distanza dal video dell’Isis in cui è stata mostrata l’avvenuta uccisione dell’ostaggio americano Peter Kassig insieme alla decapitazione di 16 soldati siriani.
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