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    Le conseguenze economiche dell’uragano Harvey, negli Stati Uniti e nel mondo

    Credit: Reuters/Adrees Latif

    La tempesta peggiore nella storia statunitense ha prodotto danni per oltre 100 miliardi di dollari. Ecco quali sono le conseguenze più pesanti

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 1 Set. 2017 alle 17:53 Aggiornato il 1 Set. 2017 alle 17:53

    Negli ultimi giorni l’uragano Harvey, successivamente declassato a tempesta tropicale, ha ricoperto con oltre 45 centimetri di pioggia la contea di Harris, in Texas, dove si trova Houston, la quarta città più grande degli Stati Uniti. 

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    Questo è solo un esempio della potenza distruttiva di questo evento meteorologico che ha ucciso almeno 44 persone, mentre altre 19 risultano disperse.

    Quasi 800mila texani hanno dovuto lasciare le proprie case per l’alluvione e altri 980mila hanno scelto di evacuare volontariamente le aree colpite per evitare di restare intrappolati dall’immensa quantità d’acqua riversatasi sulla regione.

    Oltre 100mila case sono state danneggiate dalle piogge torrenziali, mentre quasi 190mila tra abitazioni e aziende sono rimaste senza energia elettrica per i black-out causati dalla tempesta.

    Donald Trump ha già dichiarato lo stato di emergenza in tutta la regione, chiedendo poi al Congresso di stanziare fondi a favore delle popolazioni colpite dal disastro naturale. Trump ha anche deciso di donare in beneficenza un milione di dollari di tasca propria per alleviare le sofferenze causate dall’uragano Harvey.

    Ma quali sono i danni del disastro economico in corso negli Stati Uniti meridionali e di riflesso nel mondo?

    I danni negli Stati Uniti

    Moody’s Analytics ha stimato danni tra gli 81 e i 108 miliardi di dollari. Ma mentre emergono ulteriori informazioni sulla dimensioni del disastro, gli analisti stanno gradualmente aggiornando al rialzo le proprie stime.

    L’ultimo aggiornamento ha permesso a Harvey di superare l’uragano Sandy del 2012, rendendolo la seconda catastrofica alluvione più costosa della storia degli Stati Uniti dopo Katrina, che nel 2005 causò almeno 175 miliardi di dollari di danni.

    Moody’s ha anche suddiviso i danni per settori economici. Gli analisti stimano così tra i 45 e i 55 miliardi di dollari di perdite per il settore delle vendite al dettaglio; un danno tra i 15 e i 20 miliardi alle proprietà immobiliari ad uso commerciale; tra gli 5 e i 10 miliardi di dollari di danni alle infrastrutture; almeno 8 e fino a 12 miliardi di danni ai veicoli coinvolti e tra gli 8 e gli 11 miliardi di dollari di mancati guadagni.

    Tuttavia, l’alluvione più disastrosa degli Stati Uniti è ancora l’uragano Katrina, che il 25 agosto del 2005 colpì in particolare la città di New Orleans in Louisiana, uccidendo oltre 1.800 persone.

    L’uragano Sandy invece, che nell’ottobre 2012 si è abbattuto sulle isole Bahamas, sulla costa orientale degli Stati Uniti e su quella del Canada, uccidendo almeno 237 persone, causò oltre 70 miliardi di dollari di danni in totale.

    L’effetto sui prezzi energetici nel mondo

    La regione colpita dall’uragano conta un gran numero di raffinerie che lavorano su oltre 5 milioni di barili di petrolio al giorno. Diverse compagnie petrolifere hanno così chiuso i propri impianti ed evacuato anche le piattaforme di trivellazione al largo della costa degli Stati Uniti, a causa delle piogge torrenziali.

    Questo ha avuto un effetto sui mercati energetici internazionali, una situazione senza precedenti per Washington, vista la sua attuale situazione di esportatore netto di petrolio.

    Infatti, quando l’uragano Katrina colpì New Orleans nel 2005, gli Stati Uniti esportavano solo 800mila barili di petrolio raffinato al giorno. Oggi Washington vende ogni giorno al resto del mondo oltre 6 milioni di barili di greggio, un aumento dovuto all’aumento della produzione alternativa di carburante da frammenti di rocce di scisto, dalla fine del divieto di esportazione di petrolio e dall’espansione di diverse raffinerie in Texas.

    L’effetto di Harvey ha reso così impossibile il pompaggio del petrolio texano, spostando il commercio di questo combustile fossile dagli oleodotti al trasporto via mare. Diverse compagnie energetiche europee e sud americane sono già pronte a inviare le proprie petroliere negli Stati Uniti per sopperire alla domanda.

    Diverse compagnie asiatiche hanno invece incrementato le proprie vendite di GPL, una circostanza già vista sui mercati energetici mondiali quando di fronte a una diminuzione dell’offerta di petrolio, aumenta la domanda di altri carburanti.

    Questa situazione si è immediatamente riflessa sui prezzi energetici. Con le raffinerie texane chiuse e con la domanda di petrolio in calo, il prezzo del West Texas Intermediate (WTI), la miscela petrolifera venduta dagli Stati Uniti, è già sceso dell’1,7 per cento nell’ultima settimana.

    Anche il mercato internazionale del gas ha subito gli effetti dell’uragano Harvey. I prezzi di questo combustibile prodotto negli Stati Uniti sono già in crescita, l’area colpita dalla tempesta è responsabile di oltre il 14 per cento della produzione di gas degli Stati Uniti.

    Ma gli effetti di Harvey non si sono visti solo sui prezzi di petrolio e gas. Anche una sostanza fondamentale per l’industria chimica, come l’etilene, ha subito un incremento di prezzo a causa delle piogge torrenziali che hanno colpito il Texas e la Louisiana.

    Questo gas infiammabile incolore è il prodotto petrolchimico più importante del pianeta e proviene in massima parte dal Golfo del Messico. L’etilene è alla base di ogni materia plastica utilizzata nel mondo, dai sedili delle auto, ai pannolini, alle bottigliette d’acqua, ai componenti per computer, smartphone etc.

    Il Texas è responsabile da solo di oltre tre quarti dell’intera produzione statunitense di questa sostanza chimica. A causa della tempesta però, oltre il 61 per cento della capacità produttiva statunitense di questo gas è al momento ferma.

    L’etilene è presente naturalmente in natura, ma è alla base del processo produttivo del polietilene, la più comune fra le materie plastiche. Un calo della produzione di etilene, con il conseguente e già avvenuto aumento dei prezzi di questo gas, potrebbe quindi causare un aumento dei prezzi della plastica in tutti gli Stati Uniti e nel mondo.

    Le perdite per le famiglie statunitensi

    Uno dei problemi maggiori causati dal disastroso evento meteorologico riguarda la mancata assicurazione dei beni danneggiati dalla tempesta. Secondo Enki Research, un ente di ricerca per i disastri naturali, almeno un terzo dei beni coinvolti non è coperto da alcuna polizza assicurativa.

    Durante l’uragano Katrina la situazione non è stata diversa. Almeno il 47 per cento dei beni danneggiati dalla tempesta del 2005 risultarono assicurati, ma secondo le più recenti stime, soltanto il 27 per cento dei beni danneggiati da Harvey sarebbe coperto da una polizza assicurativa.

    La maggior parte degli assicurati ha poi stipulato il proprio contratto con il National Flood Insurance Program (Nfip), il programma assicurativo federale statunitense creato proprio per far fronte alle alluvioni.

    Stando ai dati di aprile però, soltanto una casa su sei nella contea di Harris, di cui Houston è il capoluogo, possiede una copertura assicurativa federale. Questo significa che oltre un milione di abitazioni risulta non assicurata. Secondo la compagnia assicurativa britannica Aon, questi dati sono simili in tutte le aree colpite dalla tempesta.

    Lo stesso Nfip combatte con una situazione finanziaria poco florida, il programma statunitense ha almeno 25 miliardi di dollari di debiti e aspetta una revisione finanziaria dei propri conti da parte del Congresso. Questa situazione renderà quindi la ricostruzione e la ripresa delle comunità coinvolte più difficile del previsto.

    Le attività economiche da questo punto di vista avranno vita più facile. La maggior parte delle proprietà immobiliari ad uso commerciale risultano infatti assicurate, anche se la maggior parte dei danni per questo settore si concretizzeranno nei mancati guadagni dovuti a questi giorni di piogge torrenziali.

    L’esposizione bancaria negli Stati Uniti

    Secondo la rivista statunitense di approfondimento economico Forbes, le perdite dovute all’uragano ammonteranno alla fine a quasi l’1 per cento del Pil statunitense.

    Diverse banche potranno poi subire perdite a causa di Harvey, in quanto proprio a Houston, la quarta città degli Stati Uniti, sono depositati quasi il due per cento di tutti i risparmi americani e sono stati concessi almeno il due per cento di tutti i mutui degli Stati Uniti.

    La banca più esposta di tutte risulta essere la Prosperity Bancshares, l’istituzione finanziaria che più di ogni altra ha investito nei centri commerciali che costellano la periferia di Houston e che risultano essere tra le aree più colpite dall’uragano.

    La banca è esposta per decine di miliardi di dollari con le imprese che hanno acquistato queste unità immobiliari. Le eventuali difficoltà finanziarie di questa azienda di credito però non sono solo un problema per gli investitori, gli azionisti e i clienti.

    La proprietà Prosperity Bancshares è suddivisa tra una serie di fondi di investimento di importanza regionale, rendendo la situazione pericolosa per l’eventuale effetto contagio che un collasso di una banca di queste dimensioni potrebbe causare nel sistema finanziario degli Stati Uniti.

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