“In Italia Spotify ha circa 10 milioni di utenti e paga poco meno di 100 mila euro di tasse”, svela in diretta Stefano Mannucci de Il Fatto quotidiano ad RTL102.5 nel corso di Non stop news (condotto da Fulvio Giuliani e Barbara Sala).
Un argomento bollente. Sembra la sfida di Davide contro il gigante Golia. Ma l’epilogo della vicenda è totalmente diverso rispetto alla leggenda: il colosso (la radio) è viva. Non muore. Gode di ottima salute.
Le nuove piattaforme del mondo digitale, però, continuano il braccio di ferro contro la radio. Le regole di questa battaglia sono ancora poco chiare. “Con lo streaming i cantanti guadagnano poco o niente. E così cala la qualità artistica”, scrive Mannucci.
Insomma, Spotify dichiara guerra alle radio? Sembrerebbe la stessa musica di cinquant’anni fa quando qualcuno disse che la radio sarebbe morta con l’arrivo della televisione. Errore enorme. La radio non è mai morta. Oggi la radio vince e convince. Stefano Mannucci su Il Fatto quotidiano commenta la vicenda in modo analitico e con una vera stoccata mozzafiato.
Le grandi aziende digitali che fanno grandi utili nel nostro Paese dove pagano le tasse? Altro interrogativo: chi vigila su tutto questo? “Sicuramente l’unione europea è il terminale legislativo, ma ci sono complicate architetture fiscali che hanno escogitato queste sedici società (tra cui anche Spotify) alleate in una lettera comune a novembre scorso”, racconta Mannucci.
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“Il problema è capire chi vara la legislazione globale. Se vivo in Italia e pago un abbonamento, ad esempio alle 9 euro, le tasse dovrebbero andare in Italia, visto che l’utile è generato qui”, conclude Mannucci.