Raggiunto l’accordo tra governo e parti sociali sulle nuove regole per lo smart working nel settore privato. Il Protocollo nazionale che è stato proposto dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, contiene le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva sul lavoro agile.
Hanno aderito, dopo mesi di confronto, sindacati come Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal, Usb e le parti datoriali, tra cui Confindustria, Confcommercio, Confesarcenti. È tra i primi provvedimenti in Europa che regolamentano lo smart working.
Il Protocollo, però, non obbliga l’accordo aziendale sullo smart working. Il suo ruolo è quello di incentivarlo e il lavoratore potrà scegliere su base volontaria se aderire o meno. Nel caso di adesione, va sottoscritto un accordo individuale con il datore di lavoro che ne prevede la durata (a termine o indeterminato), l’alternanza di periodi in sede e da remoto, i luoghi esclusi per lo svolgimento dello smart working, e altri aspetti relativi alla prestazione lavorativa da remoto. Vanno stabiliti anche i tempi di riposo, le attività formative e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
L’orario di lavoro, secondo quanto indicato, può essere scelto dal dipendente in funzione degli obiettivi da raggiungere. Allo stesso tempo però bisogna rispettare “l’organizzazione delle attività assegnate dal responsabile”. Il lavoratore potrà anche scegliere da quale luogo collegarsi purché garantisca l’esecuzione del proprio lavoro in condizioni di sicurezza e riservatezza. L’accordo, in questo senso, potrà escludere dei luoghi.
Per quanto riguarda la strumentazione, lo smart worker potrà collegarsi anche con mezzi propri come il proprio pc, a differenza della pubblica amministrazione che ha stabilito che il lavoro da remoto debba essere fatto con gli strumenti messi a disposizione dai propri datori.
Nei giorni di lavoro agile, inoltre, non possono essere autorizzati straordinari, a meno che non siano previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali e/o aziendali.
Nel Protocollo si parla anche di “diritto alla disconnessione”, già previsto dalla legge e che dovrebbe essere disciplinato nell’accordo individuale. Tra un turno e l’altro devono esserci almeno 11 ore di riposo. Il lavoratore, poi, potrà richiedere permessi orari previsti dai contratti collettivi o dalle norme di legge e nel caso di assenze legittime, il dipendente potrà disattivare i dispositivi di connessione. Per le comunicazioni aziendali, in quelle ore l’impiegato non è obbligato a prenderne visione prima di riprendere l’attività lavorativa.
“L’accordo raggiunto sulle linee guida per lo smart working è un deciso passo in avanti verso la normalizzazione del lavoro agile anche nel settore privato” ha fatto sapere in una nota Confesercenti, ma ha aggiunto anche che “rimane la necessità di una proroga della modalità ‘semplificata’ di accesso allo smart working, varata con la pandemia e in scadenza il 31 dicembre: serve un intervento che faccia chiarezza su cosa succede dopo questa data”.