In Italia, nell’ultimo decennio, i ricchi sono diventati ancora più ricchi puntando su investimenti finanziari, mentre la classe media si è impoverita, trascinata giù dalla flessione del mercato immobiliare. Lo si legge nella Relazione annuale 2023 della Banca d’Italia, pubblicata nei giorni scorsi.
Nel descrivere la distribuzione della ricchezza nazionale, l’istituto di Palazzo Koch suddivide la popolazione in tre fasce: i ricchi (cioè il 10% più ricco), la classe media (cioè coloro che sono compresi tra il 50esimo e il 90esimo percentile) e i poveri (cioè coloro che stanno sotto al 50esimo percentile). Per ricchezza si intendono sia le attività finanziarie (depositi, azioni, obbligazioni, ecc…) sia le attività non finanziarie (case, automobili, imbarcazioni, ecc…).
Ebbene, la Banca d’Italia ci dice che oggi (dato aggiornato al 31 dicembre 2023) il 10% più facoltoso degli italiani detiene il 60% della ricchezza netta complessiva nazionale, mentre la metà meno abbiente ne possiede solo il 7%. Rispetto al 2010, la quota in mano al 10% più ricco è cresciuta di circa 7 punti percentuali, principalmente a scapito della classe media.
Tra il 2010 e il 2023 la ricchezza netta complessiva nazionale – a prezzi correnti – è aumentata del 14%, ma questa crescita è stata trainata esclusivamente dalla fascia più ricca della popolazione, che ha visto salire la propria ricchezza del 29%.
Al contrario, la classe media si è impoverita, perdendo il 4,8%, e la fascia più povera ha mantenuto pressoché invariata la propria condizione.
L’incremento della ricchezza della fascia ricca, scrive la Banca d’Italia, “è riconducibile soprattutto all’andamento favorevole degli strumenti finanziari più rischiosi (azioni, partecipazioni, quote di fondi comuni, assicurazioni ramo vita)”.
Il calo della ricchezza della classe media, invece, è “dipeso dalla flessione del valore del patrimonio immobiliare, solo in piccola parte compensata dalla dinamica degli strumenti finanziari più rischiosi”.
Per le famiglie povere, la situazione è rimasta stabile “in seguito a un’espansione del valore del patrimonio immobiliare quasi interamente controbilanciata dal calo della ricchezza finanziaria e dal maggiore indebitamento”.
“Alla fine del 2023 – si legga ancora nella Relazione annuale della Banca d’Italia – il patrimonio abitativo rappresentava i tre quarti della ricchezza lorda delle famiglie meno abbienti, una quota relativamente elevata nel confronto europeo, mentre gli strumenti finanziari più liquidi (depositi e obbligazioni) ne costituivano il 17%” e “il debito era pari a un quarto della ricchezza lorda”.
D’altra parte, il patrimonio detenuto dalla fascia più ricca della popolazione a “maggiormente diversificato”: circa un terzo della ricchezza lorda è costituito da immobili residenziali e poco più del 40% da strumenti finanziari rischiosi, mentre il debito ammonta al 5% della ricchezza lorda.
Tradotto: le classi meno abbienti fanno affidamento quasi esclusivamente sulla casa di proprietà e sono più predisposti a indebitarsi, mentre chi è più ricco tende a diversificare puntando principalmente su strumenti finanziari e investimenti nel mattone.
“Il livello di disuguaglianza in Italia – conclude Palazzo Koch – è attualmente in linea con quello dell’area dell’euro e della Francia, superiore a quello della Spagna e inferiore a quello della Germania”.
“La minore disuguaglianza in Italia rispetto alla Germania – spiega la nostra banca centrale – riflette principalmente la quota di ricchezza netta detenuta dalle famiglie al di sotto della mediana, più elevata per quelle italiane anche per effetto del minore peso dei debiti sulla ricchezza lorda”.
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