In apertura del World Economic Forum di Davos, che si svolgerà dal 16 al 20 gennaio e riunirà 2.700 leader mondiali provenienti da 130 Paesi, fra cui 52 capi di Stato o di governo, per discutere delle emergenze economiche mondiali, Oxfam ha pubblicato un rapporto sulle diseguaglianze in Italia.
Nel nostro Paese, secondo il report, ci sono alcuni “super ricchi” con patrimoni superiori ai 5 milioni di dollari (rappresentano lo 0,134% della popolazione) che da soli detengono a quanto posseduto dal 60% dei loro concittadini più poveri.
I dati fanno riferimento alla fine del 2021 e fotografano una situazione di grande divario sociale, ampliato dal biennio della pandemia. Tra il 2020 e il 2021 infatti la quota detenuta dal 10% più ricco degli italiani è aumentata dell’1,3% mentre il 20% più povero è rimasto stabile, con anzi un calo delle quote di ricchezza delle altre fasce della popolazione.
Al 2021, il patrimonio in possesso del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) a fine 2021 era superiore a quella detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali (il 31,4%). Aumenta anche il numero di famiglie incapaci di garantirsi uno standard minimo di vita, raddoppiato negli ultimi 16 anni.
Colpa anche della disuguaglianza dei redditi netti, per cui l’Italia si colloca tra gli ultimi paesi nell’Unione Europea. “Mentre la gente comune fa fatica ad arrivare a fine mese, i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo definire i ruggenti anni ’20 del nuovo millennio – ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International – Crisi dopo crisi i molteplici divari si sono acuiti, rafforzando le iniquità generazionali, ampliando le disparità di genere e gli squilibri territoriali”.
La proposta di Oxfam è un’imposta del 5% sui grandi patrimoni, che “potrebbe generare per i Paesi riscossori risorse da riallocare per obiettivi di lotta alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di persone”.
La no profit attacca anche il governo Meloni per non aver fatto nulla nel merito delle diseguaglianze: “Invece di rendere più equo ed efficiente il reddito di cittadinanza, lo si abroga dal 2024, adottando per il 2023 un approccio categoriale alla povertà che, noncurante del contesto e delle opportunità territoriali di lavoro, vede nell’impossibilità di lavorare e non nella condizione di bisogno il titolo d’accesso al supporto pubblico. Invece di porre fine a iniqui trattamenti fiscali differenziati tra i contribuenti, si rafforzano regimi come la flat-tax per le partite IVA”.
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