Quantitative easing Bce: Draghi annuncia nuovo piano
Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (Bce), ha annunciato il rilancio del Quantitative easing a partire da novembre 2019 con un piano di acquisto di bond da 20 miliardi di euro al mese (cos’è il Quantitative easing).
La Bce ha deciso inoltre il taglio dei tassi sui depositi a -0,50 per cento, mentre restano invariati il tasso principale (a 0 per cento) e quello sui prestiti marginali (a 0,25 per cento). Previsto poi un nuovo maxi-prestito a lungo termine alle banche dell’Eurozona, allungando la scadenza da due a tre anni e prevedendo tassi più bassi per le banche che prestano ai di sopra di un certo livello.
Draghi ne ha dato notizia nel primo pomeriggio di oggi, giovedì 12 settembre, al termine della riunione del Consiglio direttivo della Bce a Francoforte.
Già alla vigilia del Consiglio direttivo gli analisti ritenevano praticamente certa l’adozione da parte della Bce di nuove misure di stimolo per l’economia della zona Euro. Tra le ipotesi sul tavolo c’era, appunto, anche quella di un Quantitative easing 2.0: una sorta di bazooka pronto all’uso che Draghi vorrebbe consegnare nelle mani di Christine Lagarde, che lo sostituirà alla guida della banca centrale a partire dal prossimo primo novembre.
L’annuncio del nuovo Quantitative easing della Bce ha provocato un abbassamento immediato dello spread tra Btp e Bund (qui l’andamento in tempo reale).
Quantitative easing Bce, cosa ha detto Draghi
Il nuovo piano di Quantitative easing della Bce proseguirà per “tutto il periodo necessario a rafforzare l’impatto accomodante dei tassi”. Lo si legge in una nota diffusa dal Consiglio direttivo della banca centrale. Francoforte si aspetta che il piano di acquisto di bond finisca “poco prima rispetto a quando la Bce inizierà ad alzare i tassi”.
“Le informazioni in arrivo indicano una debolezza dell’economia dell’Eurozona più protratta, importanti rischi al ribasso e un’inflazione debole”, ha commentato il presidente della Bce, Mario Draghi.
Il nuovo pacchetto di misure di stimolo all’economia ha visto fra i membri del Consiglio direttivo “ampio consenso su tutto, tranne il Quantitative easing”, ha spiegato Draghi. Sugli acquisti di titoli c’è stata “una maggiore diversità di vedute, ma alla fine il consenso è stato così ampio che non è stato necessario votare”.
Bce: tassi invariati
Il Consiglio direttivo della Bce ha deciso di lasciare invariati a 0 per cento i tassi d’interesse di riferimento. I tassi in questione sono i cosiddetti tassi di rifinanziamento principale, cioè i tassi d’interesse applicati ai finanziamenti che le singole banche ottengono dalla Bce.
Intervenire sui tassi d’interesse di riferimento è uno degli strumenti di politica monetaria che le banche centrali hanno per cercare di regolare l’inflazione e, conseguentemente, le operazioni finanziarie, i consumi e gli investimenti.
I tassi vengono alzati quando si punta a contrastare l’inflazione. Tassi d’interesse più alti scoraggiano l’accesso al credito per famiglie e imprese: diminuiscono mutui e prestiti e questo provoca una diminuzione del denaro circolante e un abbassamento del potere d’acquisto.
Al contrario i tassi di riferimento vengono abbassati quando si vuole stimolare l’inflazione. Tassi d’interesse bassi favoriscono l’accesso al credito per famiglie e imprese: mutui e prestiti tendono ad aumentare il volume del denaro circolante e quindi anche il potere d’acquisto.
Questo è quello che la Bce sta cercando di fare dal 2014: abbassare i tassi per alzare l’inflazione. I tassi sono allo 0 per cento da marzo 2016. Il Consiglio direttivo ha deciso di lasciarli invariati.
Bce: il tasso negativo sui depositi
Tra i tassi che le banche centrali possono regolare per indirizzare l’economia in un senso o nell’altro, non ci sono solo i tassi di riferimento di cui sopra. Un altro tasso su cui possono agire è quello sui depositi.
Nel caso dell’Eurozona, negli ultimi anni la Bce ha più più volte tagliato i tassi d’interesse applicati sui depositi degli altri istituti a Francoforte. Questo per scoraggiare i depositi e incentivare la mobilità del denaro. Dopo una serie di tagli, nel marzo 2016 la Bce ha portato il tasso in territorio negativo: -0,4 per cento. Una mossa che ovviamente non è piaciuta ai banchieri. Come non piacerà affatto nemmeno l’ulteriore taglio a -0,5 per cento deciso oggi.
Per attenuare la misura il Consiglio direttivo di Francoforte ha stabilito un sistema a due livelli per i tassi applicati ai depositi delle banche, attraverso il quale una parte dei depositi sarà “esentata dal tasso negativo sui depositi”.
Quantitative easing Bce: cosa significa
Il Qe o Quantitative easing (espressione inglese che in italiano significa “alleggerimento quantitativo”) è uno strumento di politica monetaria a cui si fa ricorso, quando c’è una crisi di liquidità, per aumentare i volumi di denaro in circolazione.
Si tratta di uno strumento non convenzionale, ossia che non rientra tra quelli comunemente usati dalle banche centrali. In pratica è uno strappo alla regola che si fa quando la gravità della situazione lo richiede.
Di regola, infatti, l’attività delle banche centrali si limita a interventi sui tassi di interesse con cui viene prestato denaro alle singole banche. Come spiegato sopra, in situazioni di crisi di liquidità, i tassi di interesse vengono generalmente ribassati per stimolare l’accesso al credito. Tuttavia, quando questi interventi sui tassi non producono gli effetti sperati, ossia quando nemmeno tassi di interesse ai minimi riescono a dare un impulso all’economia, allora una banca centrale può decidere di ricorrere al Quantitative easing.
Come abbiamo spiegato qui, il Qe, tecnicamente, consiste nell’acquisto di titoli di Stato o altre obbligazioni sul mercato: in questo modo viene “iniettata” nuova moneta nel sistema finanziario, con l’obiettivo di ridurre il costo del denaro e favorirne quindi la circolazione attraverso prestiti e transazioni. Il Quantitative easing serve, in pratica, a stimolare l’economia quando questa attraversa un momento di crisi.
La Bce ha deciso di fare ricorso al Quantitative easing nel 2015 per tamponare la crisi economia dell’Eurozona. La misura ha prodotto buoni effetti, tanto che nel dicembre 2018 la Bce aveva deciso di interromperla a partire dal 2019. Oggi il Consiglio direttivo ha annunciato però che il piano di acquisto di bond riprenderà.
Il Quantitative easinge della Bce e la crisi dell’Eurozona
La Bce ha tagliato le stime di crescita dell’Eurozona: per il 2019 la previsione è stata abbassata a +1,1 per cento, per il 2020 è stata ridotta a +1,2 per cento, mentre per il 2021 è stato confermato un +1,4 per cento.
La Bce ha anche abbassato le stime d’inflazione per l’Eurozona da qui al 2021: per quest’anno prevede ora un +1,1 per cento, per il prossimo un +1 per cento e per il 2021 un’accelerazione a 1,5 per cento. Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, nel corso della conferenza stampa dopo il Consiglio direttivo.
La Banca centrale europea “si aspetta che i tassi di interesse chiave rimangano ai loro livelli attuali o inferiori fino a quando non si vedranno le prospettive di inflazione convergere saldamente a un livello sufficientemente vicino, ma inferiore al 2 per cento nel suo orizzonte di proiezione”.
Quantitative easinge Bce, Trump attacca la Fed
La decisione di lanciare un nuovo Quantitative easing è stato commentata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha colto l’occasione per attaccare nuovamente la Federal Reserve, la banca centrale degli Usa.
“La Bce, agendo rapidamente, taglia i tassi di 10 punti base. Stanno tentando, e con successo, di svalutare l’euro contro il dollaro molto forte, danneggiando l’export Usa. E la Fed sta seduta, seduta e seduta. Loro sono pagati per prestare denaro, mentre noi stiamo pagando gli interessi”, ha scritto Trump su Twitter.
Draghi gli ha replicato da Francoforte: “La risposta è molto semplice. Abbiamo un mandato a perseguire la stabilità dei prezzi e non abbiamo come obiettivo i tassi di cambio. Punto”, ha sottolineato il presidente della Bce.
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